Materiali per una rivoluzione culturale
Wolfgang Harich (1923-1995).
Fonte della foto: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Bundesarchiv_Bild_183-1993-0105-514,_Wolfgang_Harich_in_seiner_Wohnung.jpg
Dal blog di Maurizio Acerbo
di Alexander Amberger
Dal sito della Rosa Luxemburg Foundation un articolo di Alexander Amberger per il centenario di Wolfgang Harich (9 dicembre 1923-15 marzo 1995). Harich, che condivideva la critica dello stalinismo di Bertolt Brecht, György Lukács e Ernst Bloch, nel 1956 divenne noto a livello internazionale per la condanna che subì a 10 anni di carcere. È considerato anche un pioniere dell’ecologia e della decrescita per il suo libro degli anni ’70 Comunismo senza crescita. Rimase comunista democratico anche dopo il crollo del “socialismo reale” aderendo alla PDS (che poi aderì alla Linke).
Maurizio Acerbo
(Segretario nazionale del PRC)
Marisa Rodano (1921-2023).
Fonte della foto: https://ilmanifesto.it/cdn-cgi/image/width=1200,format=auto,quality=85/https://static.ilmanifesto.it/2023/12/03-lettere1-marisaa-rodano-in-una-foto-giovanile.jpg
Dal quotidiano «il manifesto»
di Luciana Castellina
L’addio a Marisa Rodano, partigiana, femminista, cattolica, comunista, scomparsa all’età di 102 anni. A lei la “Festa della donna” in Italia deve la mimosa come simbolo.
«Siamo ad un passaggio d’epoca, quando se ne va una persona così importante per noi donne comuniste, così lucida e partecipe, per un secolo intero, della contemporaneità».
Novembre 2023. Sede di Piazza Brunelleschi occupata.
Fonte della foto: https://www.055firenze.it/art/224251/Studenti-in-lotta-per-la-Palestina-occupato-il-plesso-Brunelleschi-dellUniversit-di-Firenze
Gli studenti universitari denunciano gli accordi che l’Università di Firenze ha stretto con istituzioni e atenei israeliani e con le industrie belliche. Denunciano il genocidio condotto da Israele nei confronti della popolazione palestinese e chiedono che l’Università prenda esplicita posizione per il cessate il fuoco in terra di Palestina. La mobilitazione ha portato a una breve occupazione della sede bibliotecaria di Piazza Brunelleschi.
Dal sito «cabiriamagazine.it»
di Caterina Sabato, Attilio Pietrantoni, Susanna Terribile, Patrizio Partino
«Io cerco di fare film che dicano qualcosa sui meccanismi di una società come la nostra, che rispondano a una certa ricerca di un brandello di verità. Per me c’è la necessità di intendere il cinema come un mezzo di comunicazione di massa, così come il teatro, la televisione. Essere un attore è una questione di scelta che si pone innanzitutto a livello esistenziale: o si esprimono le strutture conservatrici della società e ci si accontenta di essere un robot nelle mani del potere, oppure ci si rivolge verso le componenti progressive di questa società per tentare di stabilire un rapporto rivoluzionario fra l’arte e la vita».
Gian Maria Volonté
Un’intervista a Patrizio Partino, regista del documentario Dimenticata militanza, sull’impegno politico correlato all’attività artistica di Gian Maria Volonté.
Dalla rivista «Per il Sessantotto»
di Sergio Dalmasso
Lo storico del movimento operaio Sergio Dalmasso ricostruisce, per la rivista «Per il Sessantotto», la carriera cinematografica di Gian Maria Volonté, scandendo anche le fasi che attraversa il cinema italiano dagli anni Sessanta fino ai Novanta del secolo scorso.
Sahra Wagenknecht (n. 1969).
Fonte della foto: https://openlibrary.org/authors/OL1498476A/Sahra_Wagenknecht
di Thomas Wieder
Lo spazio lasciato vuoto a sinistra dalla SPD non è mai stato occupato da Die Linke. La questione sociale torna ad essere centrale in un Paese uscito da anni di forte crescita. La scissione di Sahra Wagenknecht e la pressione sociale ed elettorale della destra presentano scenari imprevedibili per la sinistra tedesca.
Ne parla il corrispondente da Berlino del quotidiano francese «Le Monde».
Dal sito «ricorrenzeoggi.it»
di Sandro Pollini
L’11 ottobre 1971 il singolo di Imagine veniva pubblicato negli USA. Sia il singolo che l’omonimo album divennero il maggior successo commerciale di John Lennon in tutta la sua carriera solista.
Il “muro di Lennon” nell’isola di Kampa a Praga.
Fonte della foto: https://www.prague.eu/it/oggetto/luoghi/128/muro-di-john-lennon-zed-johna-lennona
Di fronte a un sistema che genera precarietà e dispersione scolastica, di fronte a una società dominata da istinti di bellicismo e di violenza di genere, di fronte a un governo che svilisce il ruolo della scuola pubblica per accentuare le divisioni fra le classi sociali, il mondo studentesco esprime la propria insoddisfazione occupando le scuole.
È il caso, in questo fine novembre 2023, dei Licei fiorentini “Michelangiolo” e “Gramsci”, occupati dagli studenti per “gridare” forte la loro rabbia.
Nell’esprimere la nostra solidarietà verso di loro e il nostro appoggio alle loro istanze, riproduciamo i documenti degli studenti occupanti del Liceo Scientifico “Antonio Gramsci” e del Liceo Classico “Michelangiolo”.
Firenze, febbraio 1988: la Nazionale di calcio sovietica incontra la Polisportiva Firenze Ovest nel campo sportivo di Brozzi (FI); finì 5-0 per gli ospiti.
Fonte della foto: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=274281425575256&set=pb.100089802007071.-2207520000&type=3
di Emanuele Russo
Il forte legame dei comunisti toscani con l’Unione Sovietica nel secondo dopoguerra investì anche ambiti inattesi, tra i quali lo sport. Le delegazioni e le squadre sovietiche ricevevano ovunque manifestazioni di affetto; le amministrazioni locali rosse e le case del popolo si impegnavano per creare attorno ad esse un’atmosfera di calorosa accoglienza.
Il dott. Emanuele Russo, ricercatore dell’Istituto Storico della Resistenza di Pistoia e docente dell’Istituto Tecnico e Professionale “Paolo Dagomari” di Prato, ha ricostruito i contesti in cui si svolsero alcuni soggiorni e incontri di squadre di calcio sovietiche di club e nazionali in Toscana in decenni diversi e li ha presentati al convegno “Il mito sovietico nel PCI in Toscana”, tenutosi a Pistoia il 26 ottobre 2023. Nella sezione “Sport e classe” riportiamo la trascrizione della sua relazione al convegno.
Dal sito de «L’Indipendente»
Intervista a Marco D’Eramo a cura di Andrea Legni
Fisico, poi studente di sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi, giornalista di «Paese Sera», «Mondoperaio» e poi per lungo tempo de «il manifesto», Marco D’Eramo ha di recente pubblicato il saggio Dominio. La guerra invisibile contro i sudditi (ed. Feltrinelli, 2020), un libro prezioso che, con uno stile agevole per tutti e dovizia di fonti, spiega come l’Occidente nell’ultimo mezzo secolo sia stato investito da una sorta di rivoluzione al contrario, della quale quasi nessuno si è accorto: quella lanciata dai dominanti contro i dominati. […] Segue
di Franco Fortini
Dall’amico Marco Bartalucci riceviamo la segnalazione di una definizione di comunismo scritta da Franco Fortini nel 1989 per il primo numero dell’inserto satirico del giornale del PCI «l’Unità», «Cuore», diretto da Michele Serra.
Come si vedrà, non si tratta di una definizione facile, scontata, banale, e non è detto che tutti coloro che al comunismo si ispirano o per il comunismo lottano concordino con essa, ma ciò che Fortini scrive qui è senza dubbio un contributo utile allo sviluppo e all’auspicabile rilancio di questa idea del mondo e della storia futura dell’umanità.
Annie Ernaux (n. 1940) nel 1988.
Autore della foto: Louis Monier / Getty Images.
Fonte della foto: https://www.elle.com/it/magazine/libri/a41553057/annie-ernaux-nobel-letteratura-2022-libri/
Pagine di letteratura
di Annie Ernaux
Annie Ernaux è una grande scrittrice contemporanea francese. Autrice di racconti e romanzi in buona parte autobiografici – anche se lei non ama che vengano definiti così –, riesce in pochi tratti, con semplicità ma con raffinata precisione, a delineare un’epoca o un luogo, mentre la psicologia dei personaggi viene fuori dalle loro azioni, da una battuta, da un gesto, da un vezzo.
Ne Il posto (La place, Paris, Gallimard,1983) Annie rievoca la vita del padre, con la sua evoluzione sociale e lavorativa da contadino ad operaio fino ad arrivare ad essere gestore di un bar-drogheria-emporio. E la psicologia dell’uomo, la sua mentalità, si adatta facilmente a ogni nuova condizione sociale che egli attraversa. […] Segue
Un’intervista ritrovata, dal mensile «l’Ernesto» – 1997
Intervista a Sebastiano Timpanaro a proposito della nuova edizione del suo libro Sul materialismo
a cura di Stefano G. Azzarà
Lo sguardo disincantato e amaro dell’intellettuale marxista Sebastiano Timpanaro jr. sulla situazione degli anni Novanta del secolo scorso non perde oggi la sua attualità. Anche il bilancio che egli compie dell’esperienza storica dei partiti comunisti, a Est come a Ovest, e delle rielaborazioni novecentesche del pensiero marxista non lascia spazio a indulgenze di nessun tipo: un critica lucida e argomentata in un dialogo con Stefano G. Azzarà (che oggi è docente dell’Università di Urbino e direttore della rivista «Materialismo storico») a margine di una nuova edizione (Milano, Edizioni Unicopli, 1997) della sua raccolta di saggi Sul materialismo.
Su spaziocollettivo.org una nuova sezione dedicata a manifesti, slogan, citazioni da opere dei promotori del pensiero marxista e rivoluzionario.
Qui sotto un breve articolo su come i giornali murali ricomparvero in Cina all’inizio della Rivoluzione Culturale.
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Il 25 maggio 1966, nel pieno di uno scontro tra due linee nel Partito Comunista Cinese in cui la posizione di Mao Zedong rischiava di soccombere, una giovane docente di filosofia dell’Università Beida di Pechino, Nie Yuanzi, affisse all’ingresso dell’ateneo un manifesto scritto a mano a grandi caratteri in cui criticava il rettore dell’Università e i vertici del partito della capitale definendoli «neri banditi antipartito» e accusandoli di condurre l’istituzione universitaria secondo uno spirito borghese e reazionario. Inoltre, invitava i giovani cinesi a combattere contro il revisionismo.
La risonanza di questo dazibao fra gli studenti e i giovani fu tale che ovunque si prese ad affiggere giornali murali di critica verso determinate posizioni politiche. Migliaia di studenti proclamarono la propria adesione alla Rivoluzione culturale e iniziarono ad unirsi alle Guardie rosse.
Lo stesso Mao il 1° giugno riconobbe l’importanza dello scritto di Nie Yuanzi e della mobilitazione che aveva suscitato promuovendone la lettura alla radio e la pubblicazione sull’organo centrale del partito «Renmin Ribao» («Quotidiano del Popolo»). Di più: il 5 agosto, durante il Plenum della resa dei conti del Comitato Centrale del PCC, Mao affisse un proprio dazibao alla porta della sala delle riunioni. Il primo dazibao di Mao Zedong si apriva con un celebre slogan:
Bombardare il quartier generale
Il mio dazibao
Il primo dazibao marxista-leninista apparso in Cina e l’articolo del commentatore del «Renmin Ribao» sono scritti in modo veramente magistrale! Sarebbe bene che i compagni li leggessero di nuovo. Tuttavia, durante più di 50 giorni alcuni compagni dirigenti dai livelli centrali a quelli locali hanno agito in maniera diametralmente opposta. Adottando la posizione reazionaria della borghesia hanno applicato una dittatura borghese e soffocato il nascente movimento della Grande rivoluzione culturale proletaria. Essi hanno capovolto i fatti, confuso il nero col bianco, accerchiato e represso i rivoluzionari, soffocato le opinioni diverse dalle loro e imposto il terrore bianco. Senza esitare davanti a niente hanno gonfiato l’arroganza della borghesia e abbattuto il morale del proletariato. Che perfidia! Considerato in rapporto alla deviazione di destra del 1962 e alla tendenza erronea del 1964 apparentemente “di sinistra” ma in realtà di destra, non deve tutto ciò farci riflettere profondamente?
Mao Zedong
5 agosto 1966
Pagine di letteratura
di Alberto Prunetti
Nel romanzo Amianto. Una storia operaia Alberto Prunetti ci parla della vita del padre, operaio specializzato, saldatore, che ha girato come trasfertista acciaierie e raffinerie di tutta Italia. La condizione operaia, il lavoro usurante, la precarietà, l’inadeguatezza delle misure di sicurezza, i danni per l’ambiente e per le popolazioni che convivono con grandi complessi industriali, le morti per il contatto con sostanze nocive: tutti questi aspetti emergono dal romanzo di Prunetti, che ripercorre la propria vita nei centri industriali della costa toscana e racconta il percorso del padre verso la morte dovuta a una vita passata tra metalli e polveri, elementi e composti chimici, bestemmie e lotte sindacali…
Nel brano che riportiamo la storia si svolge tra fine anni Ottanta e inizio Novanta, quando Renato Prunetti, il protagonista, dopo un periodo non breve di cassa integrazione, riesce a farsi assumere da un’azienda che gestisce una raffineria di petrolio in Liguria.
Piombino.
Fonte della foto: https://www.ilpost.it/2023/10/18/acciaieria-piombino-metinvest-danieli/
Moni Ovadia (n. 1946).
Fonte della foto: Pagina ufficiale di Moni Ovaida su Facebook.
Intervista a cura di Umberto De Giovannangeli
«Si sta rispondendo a un orrore con un crimine. I morti di Gaza sono benzina per il terrorismo. Netanyahu? Un fascista. Chi usa la Shoah per giustificare le azioni di Israele è il peggiore degli antisemiti. Due Stati? Scemenze».
Moni Ovadia è attore, cantante, musicista, scrittore. Soprattutto, è uno spirito libero che non ha paura di “provocare”. In particolare quando si parla di guerra, d’Israele e di Palestina. Ed è un ebreo “scomodo”. «Il popolo palestinese vive in prigione e in una condizione infernale: questo scatena la rabbia del mondo arabo. E l’Occidente mostra il suo doppiopesismo, sempre pronto a imputare la ferocia ai palestinesi, ma non batte ciglio sulla loro condizione di segregazione».
Sergio Staino (1940-2023).
Fonte della foto: https://www.intoscana.it/wp-content/uploads/Sergio-Staino-e1697894192606.jpeg
Il vignettista Sergio Staino, recentemente scomparso, abitava nelle colline vicino a Scandicci, e non era raro incontrarlo sull’autobus o per le vie di Firenze, alle riunioni di partito nelle case del popolo della provincia o in dibattiti pubblici.
Il suo appoggio al movimento della Pantera fu convinto, e lo volle dimostrare anche inviando proprio per il bollettino della Facoltà di Lettere «nuNc» una serie di vignette che avevano per protagonista Bobo, sua figlia e sua moglie.
Riproduciamo quelle vignette di Sergio Staino e vogliamo in questo modo rendergli omaggio come merita questo grande conoscitore dei sentimenti che muovono il popolo di sinistra.
🔴 di Leandro Casini 🔴
È singolare scoprire che ti stanno studiando, che rientri in una categoria sottoposta a una ricerca storica e a uno studio antropologico. Ormai ingrigito, sulla soglia dei sessant’anni, capisci che facevi (e ancora fai) parte di una varietà antropologica in via d’estinzione. Come la tigre siberiana, per così dire.
Chi mi conosce da più tempo non può non convenire che il titolo del volume che presentiamo qui investe la mia storia personale, così come quella di molti altri comunisti del Novecento. Non solo la storia politica, ma anche quella degli affetti, dei sentimenti, delle aspirazioni, dei sogni, delle speranze, delle illusioni, delle delusioni, delle vittorie politiche e delle sconfitte epocali. Infatti, io stesso, nel mio piccolo, ho cercato di contribuire a perpetuare o a rilanciare il “mito” rivoluzionario dell’Unione Sovietica e dei Paesi del “socialismo reale” all’interno del mio partito e fuori. […] Segue
Andrea Borelli Il mito sovietico nel PCI in Toscana
Emanuele Russo Calcio sovietico in Toscana
Vittorio Arrigoni, “Vik” (1975-2011).
Autrice della foto: Eva Bartlett.
Fonte della foto: https://www.fondazionevikutopia.org/images/vik/img1.jpg
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Vittorio Arrigoni, soprannominato “Vik”, nasce a Besana in Brianza il 4 febbraio 1975 e vive a Bulciago (Lc).
Le sue prime esperienze come volontario si svolgono principalmente nei Paesi dell’Est europeo e nell’Africa sub sahariana con l’Ong IBO, Soci Costruttori e lo YAP (Youth Action for Peace).
Nel 2002 raggiunge Gerusalemme Est per un primo campo di lavoro in Palestina e successivamente ritorna nei Territori Occupati dove, con altri compagni, inizia quella che diventerà la sua principale ragione di vita: la difesa dei diritti umani attraverso azioni pacifiche di interposizione, proteggendo i piccoli scolari davanti ai tank israeliani, i contadini nella raccolta delle olive, manifestando con i palestinesi contro il muro di separazione, aiutando gli anziani ad attraversare i check point.
Nel 2006 è in Congo, per le prime elezioni libere presidenziali dopo trent’anni, come osservatore internazionale con l’Associazione Beati i Costruttori di Pace di Padova accreditata dall’ONU e l’anno dopo è in Libano, nel campo profughi palestinesi di Beddawi.
Messo sulla lista nera degli indesiderabili da Israele che gli impedisce l’ingresso alle frontiere, dopo due tentativi di ingresso nel 2005, per i quali viene picchiato e incarcerato, entra a Gaza via mare il 23 agosto 2008 con le navi Liberty e Free Gaza, che rompono il blocco via mare che dal 1967 Israele impone alla Striscia. Con gli internazionali rimasti, dell’International Solidarity Mouvement, accompagna i pescatori in mare e i contadini nei campi perché la loro presenza sia da deterrente alle navi da guerra e ai cecchini sulle torrette. Quando, il 27 dicembre 2008, Israele lancia l’operazione “Piombo Fuso”, Vittorio è l’unico italiano presente nella Striscia. È dappertutto: a raccogliere feriti, sulle ambulanze cecchinate, negli ospedali, ha visto morire gli amici e pianto le centinaia di bambini massacrati. Racconta i giorni della sanguinosa offensiva israeliana in articoli pubblicati da «il manifesto», scritti in condizioni pressoché impossibili. Raccolti nel libro Gaza. Restiamo Umani, i suoi racconti di Gaza sotto le bombe hanno permesso di conoscere cosa è accaduto veramente in quel lembo di terra palestinese. Vittorio è ritornato nella Striscia a marzo 2010. Con i compagni dell’ISM, continuando la sua missione di attivista per i diritti umani e di testimone, continuando a scriverne sul suo blog «Guerrilla Radio» e su «PeaceReporter».
Vittorio è stato ucciso a Gaza il 15 aprile 2011, a soli 36 anni, da un presunto gruppo di estremisti salafiti.
Le motivazioni sono tuttora oscure.
Il processo si è concluso il 17 settembre 2012 con due condanne all’ergastolo.
La pena di morte non è stata comminata a seguito della precisa richiesta avanzata al Tribunale dai familiari di Vittorio.
(Tratto da: https://www.fondazionevikutopia.org/vik.php).
Inserito il 22/10/2023.
di Mahmoud Darwish
Mahmoud Darwish (1941-2008) nacque in Alta Galilea, nel villaggio di Al-Birwa, distrutto nel 1948 durante la prima guerra arabo-israeliana. La sua famiglia cercò rifugio in Libano e un anno dopo riuscì a rientrare clandestinamente nella propria terra, che però trovò confiscata e annessa allo Stato d’Israele. Il piccolo Mahmoud così fin da bambino si ritrovò a vivere nella propria terra come “ospite illegale”. […] Segue
Yasser Arafat, Mahmoud Darwish, George Habash (Siria, 1980).
Fonte della foto: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/6/68/Arafat_Darwish_Habash.jpg
Dalla rivista «Sinistra Sindacale»
di Francesco Barbetta
Nell’approccio marxiano, l’esercito industriale di riserva e il tasso di accumulazione del capitale sono ciò che determina il salario.
Come è successo per la guerra russo-ucraina, anche per il nuovo conflitto scoppiato in Medio Oriente, se qualcuno si azzarda a uscire dal coro di chi vuol dividere il mondo in buoni e cattivi viene ricoperto di fango, espulso da certe trasmissioni, invitato a dimettersi da certe istituzioni, emarginato e additato come «amico dei terroristi di Hamas» o «amico di Putin», che alla fine è lo stesso…
La miccia della nuova crisi israelo-palestinese è stata riaccesa il 7 ottobre 2023 dalle incursioni terroristiche di Hamas con stragi di civili e presa di centinaia di ostaggi, a cui è seguita la forte risposta del governo di destra israeliano, con bombardamenti a tappeto della “striscia di Gaza”, stragi di civili, chiusura dei confini, taglio di rifornimenti di acqua ed energia. […] Segue
Karim Kattan (n. 1989).
Fonte della foto: https://www.fanpage.it/esteri/gaza-il-racconto-dello-scrittore-palestinese-karim-kattan-siamo-tutti-vittime-dellattacco-di-hamas/
Intervista a cura di Riccardo Amati
«Riconoscere un orrore non significa minimizzarne un altro», dice l’intellettuale. Egli ritiene quello di Israele «un colonialismo feroce» e al tempo stesso condanna la carneficina fatta dei terroristi. Nei territori occupati «regnano rabbia e disperazione». E il fondamentalismo «ha poco a che fare con la liberazione della Palestina».
Maksim Gor’kij (1868-1936).
Fonte della foto: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/7d/Portrait_of_Maxim_Gorky_sitting_in_an_armchair_wearing_a_light_shirt._%2814728267252%29.jpg
Pagine di letteratura
di Maksim Gor’kij
Il racconto Come ho studiato fu pubblicato per la prima volta nel 1918 col titolo Sui libri nel giornale diretto dallo stesso Gor’kij «Novaja žizn’» («Vita nuova»). In esso l’autore ripercorre i propri ricordi d’adolescente alla scoperta dell’importanza dei libri e della lettura per la propria crescita e acquisizione di consapevolezza della vita e del mondo. […] Segue
Dal sito della rivista «L’Indice»
Santina Mobiglia intervista Benedetta Tobagi
Una ricerca sull’universo delle partigiane nella Resistenza italiana al nazifascismo condotta negli archivi documentali e fotografici degli Istituti storici della Resistenza del nostro paese. Presentiamo un’intervista alla scrittrice in cui essa anticipa alcuni contenuti e qualche conclusione tratta dalla sua preziosa indagine.
di Valerio Evangelisti
«Sostituire un lavoratore che muore costa sempre meno che introdurre modifiche al processo produttivo». In questa frase c’è il succo del sistema capitalista: il profitto non guarda in faccia le sue vittime.
Il breve scritto di Valerio Evangelisti che riportiamo rappresenta l’Introduzione al volume di Alberto Prunetti Amianto. Una storia operaia (pubblicato da Edizioni Alegre nel 2014 e riproposto da Feltrinelli nel 2023), in cui un figlio ricostruisce il percorso di vita e di morte del padre operaio che in fabbrica ha respirato tutte le combinazioni degli elementi delle tavole chimiche, tutto tranne l’ossigeno.
di Cesare Cases
Ricordi personali e analisi del percorso intellettuale del filosofo ungherese si intrecciano in questo saggio del critico letterario e insigne germanista Cesare Cases.
György Lukács (1885-1971).
Fonte della foto: https://www.foldvaribooks.com/pages/books/2339/portrait-photo-of-gyorgy-lukacs
Dal giornale «Pravda»
1993. Un braccio di ferro istituzionale tra il Presidente della Russia Boris El’tsyn e il Parlamento, durato mesi e giunto a un punto di rottura a metà settembre, portò migliaia di persone a barricarsi dentro e intorno al Soviet Supremo, l’organo di massima rappresentanza popolare del Paese. Il Presidente russo a sua volta mandò le truppe a circondare il Parlamento, e lo scontro culminò nei giorni 3 e 4 ottobre in un bagno di sangue: prima i militari fecero fuoco sui manifestanti che chiedevano il rispetto della legalità costituzionale e l’accesso dei leader del Parlamento ai mezzi d’informazione, poi i carri armati bombardarono direttamente l’edificio che ospitava il Soviet Supremo, la cosiddetta “casa bianca”, che divenne così bianconera.
Su queste basi Boris El’tsyn, osannato dall’Occidente come un democratico, costruì il proprio presidenzialismo autoritario e criminale.
Fonte dell’immagine: https://admiraldom.com/blog/pervaya-oborona-sevastopolya
Pagine di letteratura
di Lev Tolstoj
Nelle pagine che presentiamo, tratte dal secondo dei Racconti di Sebastopoli, possiamo percepire da vicino il dramma dell’attesa della morte da parte di due ufficiali che vengono raggiunti da un colpo di mortaio. E come la morte, il caso, il destino o chissà cos’altro ancora sceglie chi deve fermarsi e chi può andare avanti nella battaglia e nella vita… Pagine di alta letteratura, pagine di Lev Nikolaevič Tolstoj.
Italo Calvino (1923-1985).
Fonte della foto: https://opac.provincia.brescia.it/sites/brescia/assets/DESENZANO-D-G/calvino-italo.jpg
La storia e i documenti dell’abbandono del PCI da parte dello scrittore Italo Calvino in seguito ai drammatici eventi del 1956 in Ungheria e alla presa di posizione del partito in sostegno all’intervento nel Paese dei carri armati sovietici.
Inoltre, un’analisi di Gabriele Pedullà delle Lezioni americane di Calvino, pubblicate postume, utili per capire lo sviluppo intellettuale dello scrittore ligure.
Italo Calvino La lettera di dimissioni dal PCI
La risposta della Federazione torinese del PCI a Calvino
Gabriele Pedullà Il testamento politico di Italo Calvino. Un’analisi delle sue Lezioni americane
Roberto Fineschi Calvino è stato marxista. In memoriam
Dal quotidiano «il manifesto»
Il portiere! Prototipo dell’eroe bolscevico… L’arte del calcio sovietico di Carles Viñas (il Saggiatore), a dispetto del titolo, ricostruisce «dall’inizio» il rapporto tra sport e società russa
di Francesco Baucia
Dal sito Sinistrainrete.info
recensione di Patrizio Paolinelli
«Leggendo Il Metodo Giacarta molti miti americani cadono come birilli pagina dopo pagina. Un Paese i cui esponenti politici da sempre non fanno altro che riempirsi la bocca di parole come “libertà” e “democrazia” si rivelano oppressori privi di ogni scrupolo morale (fratelli Kennedy compresi) quando si tratta di impedire l’autodeterminazione di altri popoli. In una battuta: potete essere liberi se siamo noi a comandare».
Vladimir Vysockij (o Vysotskij o, con traslitterazione inglese, Vysotsky) fu un artista sovietico a tutto tondo. Fu attore cinematografico e teatrale, mattatore insuperabile del Teatro Taganka di Mosca. Fu inoltre poeta e pioniere della canzone d’autore in Unione Sovietica, autore di pezzi spesso scomodi per il conformismo culturale sovietico del ventennio brežneviano: il fenomeno del “samizdat” (autopubblicazione clandestina) che caratterizzava le opere dei dissidenti sovietici si verificava anche con le registrazioni delle canzoni di Vysockij, che passavano di mano in mano e venivano duplicate e si diffondevano per l’immenso paese. Eppure, a differenza dei dissidenti, Vysockij godeva di un regime di tolleranza inaudita per quei tempi, grazie alla popolarità di cui godeva tra le masse popolari, specie come attore di serie televisive di successo. Era tollerato ma certo non incentivato: i suoi concerti riscuotevano un successo di pubblico inaudito, ma solo quattro furono gli album di sue canzoni che le case discografiche ufficiali incisero fino all’epoca della “perestrojka”, quando – lui già scomparso – la sua figura prese piede anche in veste ufficiale.
In molte delle sue poesie, che poi puntualmente musicava, l’ironia e il sarcasmo erano i tratti dominanti. Ironizzare era un modo per sferzare abitudini e difetti dell’uomo sovietico, sottomesso a delle regole spesso illogiche e banali. Altre canzoni erano dedicate alla guerra, il cui ricordo univa le famiglie sovietiche nell’eroismo della vittoria sul nazifascismo e nel dolore per le enormi perdite umane che quella vittoria costò.
A questo artista dedichiamo uno spazio in questa sezione “Vento dell’Est”, sezione dedicata alla cultura che arriva da Paesi in cui a un certo punto della storia il socialismo ha vinto e, pur con storture e drammi, governato. “Pianeta Vysockij” ospiterà materiali già pubblicati o anche scritti originali, video delle sue canzoni e delle sue sporadiche interviste. Il tutto naturalmente tradotto in italiano.
Vladimir Vysockij (1938-1980).
Fonte della foto: https://mspru.org/uploads/posts/2021-07/1625410672_vysockij3.jpg
di Dmitrij Karalis
Lo scrittore pietroburghese Dmitrij Karalis ricorda la volta in cui, da giovane giornalista freelance e scrittore in erba, era riuscito a intervistare il celebre attore, poeta e cantautore Vladimir Vysockij (1938-1980), voce critica della società sovietica, tollerato dalle autorità per la sua enorme popolarità nel cinema e al Teatro Taganka di Mosca. L’artista era allora in visita a Leningrado, la capitale del Nord, e il giovane cronista locale non si fece sfuggire l’occasione.
Lo scarso apprezzamento del potere per le idee anticonformiste dell’artista venne ulteriormente dimostrato dal destino infausto dell’intervista, che non trovò nessuno disposto a pubblicarla, come racconta lo stesso Karalis, che a distanza di anni ne ha ricostruito genesi, svolgimento e conseguenze grazie al suo taccuino.
Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944) e Antonio Gramsci (1891-1937).
Il futurismo italiano ebbe un grande impatto sulla letteratura e sull’arte italiane degli anni 10 del Novecento. Esso non mancò di influenzare anche altre avanguardie europee, fra cui ovviamente i futuristi russi. Non è quindi un caso se due importanti interventi di Antonio Gramsci sul futurismo presero spunto dall’interesse suscitato in Russia dalle tesi provocatorie e innovative di Filippo Tommaso Marinetti, interesse dimostrato anche da parte di personalità eminenti della politica e della cultura rivoluzionaria, Anatolij Lunačarskij e Lev Trockij.
I due scritti di Gramsci che presentiamo sono: Marinetti rivoluzionario?, pubblicato non firmato su «L’Ordine Nuovo» del 5 gennaio 1921, e Una lettera a Lev Trockij sul futurismo italiano del 1922; il dirigente bolscevico si era rivolto al compagno del Partito Comunista d’Italia – allora a Mosca come membro del Comitato esecutivo dell’Internazionale Comunista – perché stava preparando una raccolta di scritti sul tema Letteratura e rivoluzione. […] Segue
Oggi ricordiamo Victor Jara, poeta, regista teatrale, cantante, attivista politico e membro del Partito Comunista Cileno.
Victor Jara fu arrestato l'11 settembre 1973, il giorno del colpo di stato militare organizzato da Pinochet. Per quattro giorni fu picchiato, torturato, gli furono rotte le braccia e, infine, il 16 settembre 1973, fu fucilato nello Stadio Nazionale di Santiago, divenuto una prigione per migliaia di oppositori cileni. Il suo corpo fu trafitto da 34 proiettili. Aveva 41 anni.
Dopo il colpo di stato, la musica e le canzoni di Victor Jara, conosciute in tutta l'America Latina, divennero parte della resistenza alla dittatura militare cilena e alle dittature di altri paesi dell'America Latina.
Il regista Marco Bellocchio (n. 1939), gli attori Lou Castel (n. 1943) e Renato Carpentieri (n. 1943), il cantautore Pierangelo Bertoli (1942-2002).
Fonti delle foto:
Bellocchio: https://www.sipario.it/media/k2/items/cache/eb9f7999667d680af9a85b74d74700ee_XL.jpg
Bertoli: https://rivistapaginauno.it/wp-content/uploads/2023/04/3.jpg
Dossier Quando la Cina pareva vicina
di Stefano Ferrante
L’organizzazione più attiva nel panorama maoista degli anni Sessanta-Settanta fu senza dubbio l’Unione dei comunisti italiani (marxisti-leninisti), meglio nota come Servire il popolo, dal nome del suo giornale.
Non pochi furono gli artisti che vi aderirono, militandovi attivamente oppure sostenendola finanziariamente. Artisti di tutte le branche dell’arte, dal cinema alla letteratura, dalla pittura alla scultura, dalla musica alle arti grafiche. Bastino i nomi di Marco Bellocchio, Lou Castel, Pierangelo Bertoli, Antonio Pennacchi, Fulvio Abbate, Giò Pomodoro, Franco Angeli, Mario Schifano, ecc.
Dal volume La Cina non era vicina di Stefano Ferrante traiamo il capitolo Gli artisti dell’Unione.
Lo stabilimento ex GKN di Campi Bisenzio (FI), dove si è svolto il primo “Festival della letteratura della working class”.
Autore della foto: Michele Lapini.
Fonte della foto: https://firenzeurbanlifestyle.com/alla-gkn-il-1-festival-di-letteratura-della-working-class/
Lo scrittore Angelo Ferracuti su «La Lettura» (inserto culturale domenicale del «Corriere della sera») prende spunto dal primo “Festival di letteratura working class”, organizzato dal collettivo di fabbrica della ex GKN di Campi Bisenzio, per tracciare un panorama dei romanzi dedicati al mondo del lavoro da autori di oggi. Parlando di “working class” ormai non ci si limita più alla classe operaia tradizionalmente intesa, ma a tutto il frastagliato mondo odierno dei lavori precari e sottopagati, che generano sempre più profitti per alcuni e sempre più alienazione per altri, il che significa che i contrasti di classe sono tutt’altro che scomparsi nel nostro “ricco” e marcio mondo turbocapitalistico.
Un interessante articolo per orientarsi in un settore della produzione letteraria che questo sito ha in programma di scandagliare.
Invito alla lettura, da «il manifesto»
Eros Francescangeli intervistato da Alessandro Santagata
Rendendo omaggio a una celebre canzone di Vasco Rossi, si intitola Un mondo meglio di così l’ultimo libro di Eros Francescangeli dedicato alla storia della sinistra rivoluzionaria in Italia dal 1943 al 1978 (Viella, pp. 364, euro 32). Frutto di anni di ricerche in archivi sparsi in tutta Italia, può essere considerato la più aggiornata e completa storia di un fenomeno che è stato oggetto di ricostruzioni spesso approssimative. Ne abbiamo discusso con l’autore, tra i fondatori del quadrimestrale «Zapruder», rivista di storia della conflittualità sociale.
Per approfondire, dal quotidiano «Alto Adige»
Maurizio Ferrandi
(Merano, Edizioni Alphabeta Verlag, 2020)
Prefazione di Hannes Obermair
Un libro per approfondire la conoscenza sui fantasmi di un passato che occupa ancora le cronache, per capire lo scontro passato e presente tra nazionalismi contrapposti. Di questo volume riportiamo la Prefazione dello storico bolzanino Hannes Obermair, attualmente docente di Storia contemporanea all’Università di Innsbruck.
Il filosofo Costanzo Preve (1943-2013).
Fonte della foto: https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/social/public/foto/2012/03/19/att_844326?_=1341868141
🔴 di Stefano Gallerini 🔴
Il prossimo 23 novembre ricorre il decimo anniversario della scomparsa di Costanzo Preve (1943-2013). Pur essendo stato uno dei maggiori filosofi italiani degli ultimi decenni, Preve è pressoché sconosciuto al grande pubblico. Non è stato soltanto il carattere, riservato e schivo, a decretare il suo isolamento, ma anche e soprattutto le sue idee e le sue prese di posizione, totalmente estranee al dibattito culturale mainstream.
Stefano Gallerini, docente di Storia e Filosofia al Liceo scientifico “A. Gramsci” di Firenze, ricostruisce il percorso intellettuale di questa importante figura del panorama filosofico contemporaneo, una voce originale nell’ambito del marxismo italiano.
Uno dei più grandi filosofi della scienza affronta la questione della libertà.
Appena la filosofia approfondisce il concetto di libertà i problemi si complicano. Se non abbiamo la libertà, come ottenerla? E in questa lotta, che posto spetta alle armi, alla violenza?
Geymonat esamina l’idea alle radici e ne ripercorre le ramificazioni. Fino a trovarsi di fronte alla questione delle questioni, quella del Potere.
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