Materiali per una rivoluzione culturale
«Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia».
don Lorenzo Milani
Viaggiatori in arrivo da Israele al porto cipriota di Limassol. 21 giugno 2025.
Autore della foto: AP Photo/Petros Karadjias.
fonte della foto: https://www.timesofisrael.com/cyprus-chabad-inundated-by-thousands-of-israelis-trying-to-find-way-home/
L’opposizione lancia l’allarme sugli insediamenti israeliani in crescita sull’isola di Cipro. “Ci stanno portando via il nostro paese”.
Dal 2021, investitori israeliani hanno acquisito quasi 4.000 proprietà a Cipro, molte poi trasformate in comunità chiuse pressoché inaccessibili. L’opposizione ha denunciato la creazione di enclavi. Non sono mancate le critiche di antisemitismo.
Dalla rivista «Carmilla»
Sandro Moiso recensisce il volume
(Edizioni TABOR, Valsusa, 2025, pp. 72, 4 euro)
«Torno sull'accordo tra Ue e Stati Uniti perché mi sembra surreale il modo in cui viene valutato. Mi spiego meglio. La presidente Von der Leyen ha elogiato tale accordo perché garantisce stabilità e certezza. Non sono parole casuali. Il problema vero infatti non è costituito solo dalla pesantezza dell'accordo, ma dalla chiara dipendenza dell'Europa dagli Stati Uniti, tanto marcata che senza quella dipendenza non è possibile per l'Europa alcuna stabilità e alcuna certezza […]».
di Mario Capanna
«Questo Paese esiste come il compimento della promessa fatta da Dio stesso.
Sarebbe ridicolo chiedere conto della sua legittimità».
(Golda Meir, Primo ministro di Israele dal 1969 al 1974)
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«Israele non ha una Costituzione. A cavallo del 1948 ci fu un dibattito circa la necessità o meno che il nuovo Stato se ne dotasse. La conclusione fu che non era utile, bastando, per regolare la società e le istituzioni, i precetti contenuti nella Torah (i primi cinque libri del vecchio testamento biblico, chiamati Pentateuco dai cristiani).
In quei testi Dio definisce gli ebrei “un popolo consacrato al Signore, Iddio tuo, che ti ha scelto, affinché sia il suo popolo speciale fra tutti i popoli della terra” (Deuteronomio, 7,6); poi ingiunge: “Distruggi tutti i popoli che il Signore, Iddio tuo, mette in tua balìa, non si impietosisca l’occhio tuo su di loro” (ibidem, 7,16); già prima Dio aveva indicato la “terra che io vi darò in possesso ereditario” (Esodo, 6,8).
Se per delle menti razionali queste sono favolette, per i coloni fascisti, che massacrano i palestinesi e li cacciano dalle loro terre – protetti dai soldati, gli uni e gli altri autorizzati dal governo e dallo Stato israeliano – sono invece precetti divini […]».
«L’Occidente è un concetto strano, recente e spurio.
Con “Occidente” si intende in effetti una configurazione culturale che emerge con l’unificazione mondiale dell’Europa politica e di quello che dal 1931 prenderà il nome di “Commonwealth” (parte dell’impero britannico).
Questa configurazione raggiunge la sua unità all’insegna del capitalismo finanziario, a partire dal suo emergere egemonico negli ultimi decenni del ’900.
L’Occidente non c’entra nulla con l’Europa culturale, le cui radici sono greco-latine e cristiane.
L’Occidente è la realizzazione di una politica di potenza economico-militare, che nasce nell’Età degli Imperi, che sfocia nelle due guerre mondiali e che riprende il governo del mondo verso la metà degli anni ’70 del ’900.
Purtroppo anche in Europa l’idea che “siamo Occidente” è passata, divenendo parte del senso comune […]».
«Negli ultimi anni, da quando la guerra in Ucraina è diventata la nuova religione civile dell’Occidente e quella in Palestina il suo tabù più scomodo, abbiamo imparato che in Italia si può dire tutto, c’è libertà d’espressione purché sia espressione di consenso. La libertà insomma è libera di chiuderti la bocca, gettandoti in una centrifuga di parole tranello, che mescola e fonde giudizi e pregiudizi, da cui esci putiniano antisemita filohamas complottista. Così, tutto d’un fiato […]».
Milano.
Autore della foto: Massimo Ripani.
Fonte della foto: https://101-zone.com/2023/07/25/skyline-di-milano/
Dalla rivista «Altreconomia»
di Paolo Pileri
Ciò che sta accadendo a Milano, al di là di come andranno le inchieste, ha ferito a morte la politica, ridotta a mestiere prettamente gestionale, di regolazione di affari, scambi, convenienze, attrattività. Urge un dibattito tutto nuovo sulla questione morale che oggi è inevitabilmente legata a quella ecologica. Ma questa visione è del tutto assente nel discorso “velocità” e “verticalità” del sindaco. >>> Vai all’articolo >>>
Dal giornale «il Fatto Quotidiano»
di Alessandro Robecchi
Il commento dello scrittore milanese Alessandro Robecchi sulle vicende giudiziarie che si sono abbattute sulla Giunta milanese e sul riemergere della questione morale che investe la “sinistra” (cioè, si fa per dire). >>> Vai all’articolo >>>
Una seduta del Congresso degli scrittori di Parigi.
Da sinistra: Louis Aragon, André Gide, André Malraux.
Seduti al tavolo: Henri Barbusse (primo da sinistra), Aleksej Tolstoj (secondo), Boris Pasternak (quarto, in primo piano).
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Il fascismo dominava da più di dieci anni in Italia, Adolf Hitler da un paio d’anni aveva preso il potere in Germania, l’Europa sentiva spirare già venti di guerra, e in Spagna già si preparavano le armi per la guerra civile, prova generale per la micidiale Seconda guerra mondiale. Il confronto si polarizzava tra destra e sinistra, e in Francia un gruppo di scrittori e intellettuali vicini al Partito comunista chiamò a raccolta esponenti della letteratura e della cultura mondiale di orientamento democratico e progressista per organizzare il fronte della cultura contro il fascismo dilagante. Tra gli organizzatori del congresso vi furono Henri Barbusse, Paul Nizan, André Malraux, Louis Aragon, André Gide, il sovietico Il’ja Ehrenburg, il tedesco Johannes R. Becher e altri.
Parteciparono 320 scrittori da 38 paesi. Oltre ai padroni di casa francesi, spiccavano le delegazioni degli scrittori tedeschi (Bertolt Brecht, Heinrich Mann, Anna Seghers, Max Brod, Klaus Mann e altri) e sovietici (Boris Pasternak, Aleksej Tolstoj, Nikolaj Tichonov, Isaak Babel’ e altri).
Non mancarono durante le sedute pomeridiane e serali (che si concludevano a tarda notte ed erano seguite tramite altoparlanti da migliaia di parigini fuori dalla sala della Mutualité) forti polemiche sulle repressioni staliniste contro alcuni scrittori e sulla libertà di creazione in Unione Sovietica (uno su tutti, l’intervento di Piero Calamandrei), scontri tra fazioni interne al movimento comunista (André Breton, trotskista, leader del movimento surrealista, attaccò duramente lo stalinismo), dissensi sugli orientamenti che avrebbe dovuto assumere la letteratura progressista (realismo socialista sì o no).
L’importanza storica e culturale del Congresso degli scrittori va al di là dell’evento in sé. Si trattò della dimostrazione che il mondo della cultura, sentitosi minacciato dal fascismo in ascesa, poteva riuscire a costituire un fronte unito al di là di oggettive differenze ideali per affermare il ruolo degli intellettuali nella società come possibili avanguardie nella lotta per l’affermazione dei principi di libertà e democrazia.
Si cerca, da parte di alcuni critici, di sminuire il ruolo storico di questo Congresso in quanto l’egemonia in esso era rappresentata chiaramente da intellettuali appartenenti ai partiti comunisti o da “compagni di strada” del comunismo europeo e sovietico in particolare. È vero, l’egemonia comunista c’era, ma va detto che ciò rispecchiava appieno la situazione politico-culturale negli anni Trenta, visto che allora proprio i comunisti (spesso in esilio, come i tedeschi e gli italiani) e l’Internazionale comunista rappresentavano l’avanguardia nella lotta contro il fascismo in ascesa: lo si sarebbe visto di lì a poco nella guerra civile spagnola, lo si sarebbe visto nei movimenti di resistenza francese, italiano, tedesco, greco, jugoslavo, cecoslovacco, bulgaro, austriaco, ecc., che videro sempre i comunisti in prima fila e ai vertici nelle brigate partigiane e nei gruppi di combattimento antifascisti.
Leandro Casini
Dalla rivista «Quaderni Rossi» (1963)
di Franco Fortini
Franco Fortini introduce e commenta il discorso di Bertolt Brecht al 1° Congresso internazionale degli scrittori per la difesa della cultura tenutosi a Parigi nel giugno 1935. >>> Vai all’articolo >>>
(Milano, Pgreco, 2024)
Prefazione di Saverio Vertone
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Nel maggio 1963, in occasione dell’ottantesimo anniversario della nascita di Franz Kafka (1883-1924), l’Accademia delle scienze cecoslovacca dedicò allo scrittore praghese un convegno che riunì germanisti, critici letterari, scrittori e intellettuali dei paesi del campo socialista e non solo.
Il fatto stesso che un’istituzione del genere promuovesse un convegno su Kafka era di per sé rivoluzionario, se si pensa che fino alla svolta del 1956 impressa dal XX Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica l’autore praghese era stato ostracizzato in quanto considerato espressione del decadentismo borghese, e quindi non utile alla causa della costruzione del socialismo in Cecoslovacchia (stando all’elenco delle edizioni delle opere di Kafka presente sulla versione ceca di Wikipedia, dopo la rivoluzione comunista del 1948 la prima opera di Kafka ripubblicata in Cecoslovacchia fu Il processo nel 1958, e poi America nel 1962, La metamorfosi nel 1963, e così via; prima si potevano trovare le precedenti edizioni delle sue opere nelle librerie dell’usato e nelle biblioteche).
Già durante il convegno emersero polemiche e differenze di approccio e di interpretazione dell’opera di Kafka tra marxisti di varia provenienza e di varia estrazione, tra “ortodossi” e “innovatori”; ma anche dopo non mancarono echi polemici alla “riabilitazione” dell’autore del Processo e del Castello e ai tentativi di farlo rientrare in qualche modo nella tradizione della letteratura realista, tradizione più accettabile per una parte importante dell’estetica marxista.
In Italia gli atti del convegno furono pubblicati nel 1966 da De Donato, e oggi le Edizioni Pgreco hanno il merito di riproporre questo libro che mantiene integra la sua importanza e il suo interesse per chi – come noi – si occupa di letteratura e di arte partendo da determinate posizioni politiche e ideali.
Dopo la Prefazione che riprendiamo oggi, riproporremo su spaziocollettivo.org un paio di interventi al convegno che reputiamo più significativi, così come pubblicheremo articoli che su quell’evento comparvero a suo tempo su varie riviste europee.
Leandro Casini
Dalla rivista online «L’ospite ingrato»
Isabella Adinolfi recensisce il volume
a cura di Caterina Zamboni Russia
(Rimini, NdA Press, 2025)
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È uscito di recente, per NdA Press, nella collana «Biblioteca del pensiero rivoluzionario», il volume: Rosa Luxemburg, Nuvole, uccelli e lacrime umane. Lettere su natura e rivoluzione, a cura di Caterina Zamboni Russia. Come suggerisce il titolo, il libro raccoglie una selezione di lettere della filosofa e politica ebreo-polacca, scelte al fine di far emergere un ritratto vivido del suo profondo amore per tutte le creature.
1995: colonna di profughi in fuga dalla Krajna, riconquistata dall’esercito croato nell’operazione “Oluja” (Tempesta).
Autore della foto: Reuters/Ranko Cuković
Fonte della foto: https://bosnainfo.ba/27-godina-od-oluje-u-srbiji-pomen-u-hrvatskoj-praznik/
Dal settimanale «Alias»
Ex Jugoslavia
di Tommaso di Francesco
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La frantumazione, la distruzione omicida realizzata dai riconoscimenti europei delle indipendenze autoproclamate su base etnica, per Slovenia e Croazia senza curarsi di che cosa sarebbe accaduto in Bosnia Erzegovina che rappresentava in piccolo l’intero mosaico di nazionalità, lingue e religioni della Federazione jugoslava: insieme all’annientamento suicida, dei risorti nazionalismi l’un contro l’altro armati per realizzare l’egemonia di una «Grande Serbia», Grande Croazia, Grande Slovenia, Grande Bosnia, Grande Macedonia, Grande Albania, con guerre fratricide etnico-religiose in nome del predominio nazionalista, – quello che lo scrittore Danilo Kis chiamava «follia» – non sono state, né purtroppo sono, solo racconto storico, geopolitica degli imperi, epica letteraria o storie di paci di carta. Hanno attraversato come un fuoco le persone, gli esseri umani e la vita dei singoli. Come quella del soldato Aljia, che ho avuto il doloroso privilegio di conoscere. (t.d.f.)
Goffredo Fofi.
Autore della foto: Vincenzo Cottinelli.
Fonte della foto: https://ilmanifesto.it/quella-vana-e-pero-instancabile-ricerca-della-verita-delle-cose
Muore a 88 anni l’intellettuale Goffredo Fofi, grande animatore dei dibattiti culturali italiani, fondatore di numerose riviste, tra cui «Quaderni Piacentini» e «Linea d’ombra».
di Werner Pescosta
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Dislocati in cinque valli attorno al gruppo dolomitico del Sella, divisi tra Alto Adige, Trentino e Veneto, schiacciati tra tedeschi e italiani, i Ladini devono lottare da secoli per tenere vive la propria lingua e la propria cultura.
Il periodo più difficile fu naturalmente il Ventennio fascista, che considerò questo popolo una «macchia grigia» da cancellare.
Il 18 aprile 1925 nasceva Marisa Musu. Crediamo che mai come oggi – quando la memoria dei partigiani viene attaccata dal governo di destra e dalle istituzioni nate dalla Resistenz – Marisa vada ricordata.
Presentiamo due articoli: il primo è della responsabile Cultura di Rifondazione Comunista, partito che quest’anno ha dedicato proprio a Marisa Musu la tessera; il secondo è il ricordo che al momento della scomparsa di Marisa, nel 2002, ne tracciò il compianto Sandro Curzi.
Sofia (Bulgaria), il complesso monumentale dedicato all’Armata Rossa liberatrice, oggi (sotto) in fase di smontaggio.
Sopra, foto di Didi Lavchieva (fonte istockphoto.com).
Sotto, immagine ripresa da Google streetview datata settembre 2024.
di Laura Salmon
«Oggi, mentre scrivo queste pagine, i grandi e i piccoli monumenti che i sopravvissuti hanno eretto al sacrificio sovietico vengono abbattuti dalle ruspe dell’Unione Europea. Sento a distanza, nel mio cervello, il rumore di quelle ruspe, provo un dolore fisico. Lotto per salvare nella mia mente, una per una, le immagini di quegli omaggi alla Memoria, cui qui quasi tutti si fingono ancora devoti».
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Europa Europa…
di Laura Salmon
Il popolo sovietico, che ha sconfitto Hitler e salvato l’Europa dal nazismo, ha lasciato quasi ovunque – disseminati negli sconfinati luoghi della tragedia bellica – gli emblemi della sua gratitudine ai milioni di soldati e civili sovietici che hanno pagato con la vita perché tutti noi, in ogni luogo della martoriata Europa, avessimo un futuro senza Übermenschen e Untermenschen.
Oggi, mentre scrivo queste pagine, i grandi e i piccoli monumenti che i sopravvissuti hanno eretto al sacrificio sovietico vengono abbattuti dalle ruspe dell’Unione Europea. Sento a distanza, nel mio cervello, il rumore di quelle ruspe, provo un dolore fisico. Lotto per salvare nella mia mente, una per una, le immagini di quegli omaggi alla Memoria, cui qui quasi tutti si fingono ancora devoti.
Immense distese di fiori sono state deposte da nipoti e pronipoti, tra lacrime composte, sulle lugubri fosse lasciate dai monumenti abbattuti. Quei fiori non solo rinnovano la gratitudine dei russi ai loro morti, ma celebrano al tempo stesso il lutto per quest’Europa che un tempo ha assassinato e oggi intimamente ferisce milioni di esseri umani, di famiglie, di figli e discendenti. Quei fiori infiniti sono un pianto di colori, silente e assordante, dinanzi al risveglio dell’oscura anima europea che, cinica come un tempo, ma ben più ipocrita, manda anche le ruspe della nettezza urbana a rimuovere i fiori della Memoria. Quell’oscura anima europea, a distanza di ottant’anni, ci dice che anche noi, come i nostri nonni, coi loro stessi immutabili valori di gratitudine e speranza, siamo spazzatura.
Triturare i fiori russi non è solo un burocratico omaggio all’odio, ma piuttosto un rituale eloquente del vivido rancore dei vinti.
Shemà Israel!
Nervi, luglio 2022
Laura Salmon
(Tratto da: Laura Salmon, C’era una volta l’URSS. Storia di un amore, Sandro Teti Editore, 2024, p. 9).
Inserito l’08/07/2025.
In questo articolo sul movimento MAGA pubblicato sulla «Monthly Review», John Bellamy Foster esplora il drammatico cambiamento dell’imperialismo statunitense iniziato con la prima presidenza Trump e accelerato con la seconda. Il cambiamento, spiega Foster, non è guidato dall’antimperialismo e dall’antimilitarismo, ma rappresenta piuttosto un forte spostamento a destra, alimentato dall’ipernazionalismo e dall’obiettivo di riconquistare il potere degli Stati Uniti sulla scena mondiale.
Viste le dimensioni del saggio, per renderne più agevole la lettura abbiamo pensato di suddividerlo in paragrafi intitolati dallo stesso autore.
Dal blog di Paolo Nori
di Paolo Nori
«Ieri, al Maxxi di Roma, ho parlato del Maestro e Margherita e oggi mi è venuto in mente questo pezzo che ho scritto e che adesso tra poco esce in un libro sulla censura, tra qualche settimana».
«Vietato parlare con gli sconosciuti».
Fonte dell’immagine: https://statebene.substack.com/p/42-un-libro-vietato?just_subscribed=true
Il Dalai Lama Tenzin Gyatso oggi.
Fonte della foto: il manifesto
Dal sito del CeSEM (Centro Studi Eurasia e Mediterraneo)
di Maria Morigi
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In Occidente ogni occasione è buona per ricordare la leggenda della presunta occupazione maoista del Tibet, una leggenda che raramente viene messa in discussione, ma che non si fonda su dati storici reali, essendo il Tibet già parte dell’Impero cinese. Oggi la narrazione anticinese torna d’attualità con le manovre intorno alla successione di Tenzin Gyatso, il 14° Dalai Lama.
La studiosa di Storia delle religioni Maria Morigi fa chiarezza su tali questioni.
11 settembre 1954. Il Dalai Lama Tenzin Gyatso dona a Mao una stola per la preghiera buddhista.
Fonte della foto: Wikipedia
L’inno del proletariato mondiale fu eseguito per la prima volta il 23 giugno 1888 a Lille (Francia)
Gerardo Hernández Nordelo.
Fonte della foto: https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRKiPebI-kEBtJlcF7iyvR1F4xZlwhYvgpdr6niyDc_Vrz5Hl3ePsbBk6Fn0Q2weg7ygsM&usqp=CAU
Dal sito di «Italia-Cuba»
Gerardo Hernández denuncia la sofferenza del popolo palestinese a Gaza, critica l’attacco all’Iran e analizza l’impatto dell’ascesa dei BRICS sugli equilibri mondiali.
Dal quotidiano «il manifesto»
Saverio Ferrari recensisce il volume
(Einaudi, 2025)
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Nel lavoro di Marina Cardozo e Mimmo Franzinelli Gli artigli del Condor. Dittature militari latino-americane, Cia e neofascismo (Einaudi, pp. 251, euro 26) si affronta il ruolo tutt’altro che secondario che ebbero i neofascisti italiani nell’ambito del Piano Condor, il progetto sovranazionale nato nel 1975 per iniziativa delle dittature sudamericane volto a stroncare ogni resistenza democratica.
L’Aja, 24-25 giugno 2025. Vertice NATO.
Fonte della foto: https://www.difesapopolo.it/wp-content/uploads/2025/06/vertice-nato-giugno2025.jpg
Dal giornale «il Fatto Quotidiano»
di Barbara Spinelli*
Dopo la caduta dell’Urss, Usa&C. hanno pensato di poter espandere impunemente la Nato a Est. E l’unica potenza nucleare del Medio Oriente, cioè Israele, di ridisegnare l’intera regione.
Il gol di Jürgen Sparwasser (durata 1'37").
Il Mondiale del 1974 è ricordato anche per il derby fra tedeschi. Vinsero a sorpresa quelli dell’Est, come due anni prima ai Giochi di Monaco. Ecco i retroscena e gli sviluppi di quella sfida unica e irripetibile.
Amburgo, 22 giugno 1974: Germania Est e Germania Ovest entrano in campo.
Fonte della foto: https://thesefootballtimes.co/2018/09/21/the-most-politically-charged-match-in-history-when-east-germany-met-west-in-1974/
Xi Jinping.
Fonte della foto: https://cinainitalia.com/wp-content/uploads/2021/11/Xi-Jinping-Xinhua-1-1.jpg
Con Russia e Stati Uniti intrappolati nei propri campi di battaglia, Pechino avanza senza clamore. Come per Hong Kong nel 1997, la Cina punta a riconfigurare l’ordine globale senza fuoco né fiamme: emergere come garante di stabilità, restare fuori dal logoramento bellico, e offrire un’alternativa silenziosa ma solida all’egemonia occidentale. Nella guerra degli altri, Xi gioca per sottrazione e arrivano i primi segnali: Tokyo e Seoul disertano il summit NATO.
Goffredo Fofi, Grazia Cherchi, Piergiorgio Bellocchio.
Fonte della foto: https://ilmanifesto.it/quaderni-piacentini-una-storica-rivista-come-laboratorio-politico
Dal «Calendario del Popolo»
di Diego Giachetti
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Nata come numero unico ciclostilato nel marzo 1962, la rivista «Quaderni Piacentini», pur partendo dalla provincia, assunse nel corso degli anni Sessanta e Settanta del Novecento un importante ruolo nel dibattito della sinistra italiana, soprattutto in quell’area di movimento extraparlamentare che così tanta parte ebbe nella politica del tempo.
Diego Giachetti ricostruisce la storia e le caratteristiche e tendenze che si accumularono via via in questo gruppo di intellettuali, che riuscirono a influenzare in modo significativo lo spirito dei movimenti e il dibattito teorico interno ed esterno al marxismo italiano.
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To buy, to resell e sgombera: giù le mani dal presidio ex Gkn
Questo non è un immobile. È una fabbrica che va riaperta.
1. È cominciato il processo di attacco e sgombero del presidio della ex Gkn.
(Così noi stessi apprendiamo questa mattina da due testate giornalistiche specifiche. Ma da quel che possiamo ricostruire, però la notizia non sarebbe di oggi: e allora perché esce oggi? Ognuno si domandi perché).
2. Siamo stati tra i primi a essere licenziati dopo lo sblocco dei licenziamenti post-Covid. Saremo tra i primi a vedere le conseguenze del Dl Sicurezza, insieme ai metalmeccanici emiliani? Siamo sereni. Non è che non abbiamo paura. Non ce la possiamo permettere. Siamo nella legittimità sociale. E se la legittimità sociale passa dalla disobbedienza, noi disobbediamo alla fine.
3. Questo è un presidio sociale che va avanti per ottenere ogni singolo euro di ciò che ci spetta e per riaprire la fabbrica. Non abbiamo né voglia né tempo di entrare nel merito tecnico della manovra in corso. Il tempo è da tempo finito. Basti dire che, senza il presidio, la fabbrica oggi sarebbe solo un guscio vuoto.
4. I pastori arrivano su indicazioni dei lupi? Il Tribunale che avrebbe “ordinato lo sgombero” è quello fallimentare. E lo avrebbe fatto su indicazioni dei commissari/custodi nominati dal Tribunale. I quali recepirebbero così in pieno le indicazioni dei soggetti immobiliari (o addirittura della vigilanza privata pagata da questi stessi soggetti). Insomma, la preoccupazione sarebbe per i poveri immobiliaristi. Ricordiamo: immobile che oggi non appartiene a Qf, che è l’azienda coinvolta nel processo di liquidazione. E con una vendita dell’immobile che non sarebbe quindi prevista nel piano concordatario (piano concordatario a noi ancora oggi inconoscibile). Immobile su cui pende una revocatoria.
5. Tutto questo dopo che hanno rifiutato l’idea che la custodia potesse essere affidata temporaneamente al Comune di Campi Bisenzio, ritenuto non sufficientemente “terzo e imparziale”. Decisione che ora appare di una gravità inaudita e che getta una luce sinistra su tutta la vicenda. Evidentemente, voler ricreare posti di lavoro sul territorio è “di parte”, partigiano contro la speculazione.
6. Se non è speculazione, infatti, diteci voi: che cos’è?
Società create sul momento per fare cosa, con soldi venuti da dove, eterodirette da chi? Società a vocazione immobiliare create nel settembre 2023, poco prima dei secondi licenziamenti, legate da logiche “infragruppo” (?) alla proprietà di Qf, la quale a sua volta aveva acquistato la ex Gkn nel dicembre 2021 dal gruppo Melrose, senza chiarire mai in base a quali accordi riservati. Società a cui Qf ha svenduto, nel marzo 2024, l’immobile (vendita all’interno dello stesso gruppo?). Società da cui transitano milioni di euro provenienti da soggetti terzi, schermati da fiduciarie.
7. La tempistica è allucinante: concentrare l’attenzione sul presidio in termini tecnici e di forza pubblica è prima di tutto una manovra di distrazione. Doppiamente allucinante: lenti nel darci ciò che ci spetta, nel fornirci anche solo chiarezza su quanto, come e quando ci pagheranno, rapidi nell’intervenire sul presidio?
Siamo in attesa di ciò che è nostro: stipendi, permessi, ferie, Tfr, contributi… Impossibilitati ad avere una Naspi piena e ad andare in pensione, in attesa di conoscere un piano concordatario, secretato, di cui possiamo solo intuire le enormi incongruenze. Un piano che rischia di essere l’ennesimo stratagemma per il rinvio, l’ennesimo “pagherò”, l’ennesima scadenza che rimanda a un’altra scadenza.
8. E solo per caso tutto questo avviene alla vigilia degli ultimi passi per la creazione del Consorzio industriale pubblico? Con i Comuni e la Regione che passano alle delibere, e il progetto industriale che entra nei dettagli?
9. Che sia tutto studiato o tutto casuale, l’effetto dell’attacco al presidio è oggettivo: seppellire la lotta sociale per riaprire la fabbrica, minare in modo irrimediabile la reindustrializzazione dal basso, diminuire il controllo sociale su quanto è accaduto e accadrà.
10. Conclusione semplice: o il movimento nel suo complesso, politico, sindacale e sociale, travalica frantumazioni, inadeguatezze, politicismi, tatticismi, e viene a respingere questa manovra e a prendersi questa vittoria, oppure di tutto questo presto non rimarrà che una storia piena di insegnamenti. Questo non dipende da noi, ma da voi. Noi semplicemente proveremo a fare il nostro dovere fino in fondo. Senza la convergenza, non si cambiano i rapporti di forza.
Giù le mani dal presidio ex Gkn: assemblea straordinaria della solidarietà giovedì 26 giugno. 11 e 12 luglio, tenetevi libere, liberi, pronti.
(Tratto dalla pagina Facebook del Collettivo di Fabbrica – Lavoratori ex GKN, 25 giugno 2025).
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80 anni fa, il 24 giugno 1945, si svolse la Parata della Vittoria in Piazza Rossa. La parata fu ricevuta dal Maresciallo dell’Unione Sovietica Georgij Žukov e fu comandata dal Maresciallo dell’Unione Sovietica Konstantin Rokossovskij. La parata culminò con l’ammainabandiera di insegne e stendardi nazisti (vedi foto) ai piedi del Mausoleo di Lenin, sulla cui tribuna assistevano le più alte cariche sovietiche, capeggiate da Iosif Stalin.
Lo zio Sergio, impiegato presso l’Amministrazione militare americana di Siena (1944).
Fonte della foto: archivio personale di Letizia Lusini.
🔴di Letizia Lusini🔴
L’amica Letizia Lusini, scrittrice senese, fa un grande omaggio al nostro sito inviandoci questo racconto preceduto dal seguente messaggio di posta elettronica:
«…Stamani mi sono svegliata con in testa, appena abbozzata, questa cosa che ti mando. Non so se è adatta alla tua rivista, vedi tu, ma l’ho sviluppata di getto, con una di quelle spinte che mi prendono a volte, e che accolgo, scrivendo.
L’orrore, la paura, il desiderio di far valere il nostro diritto alla vita, alla pace, tanto ci circonda. E so, sappiamo, che soltanto le arti possono essere una salvezza, anche microscopica, per qualcuno. Io ci provo…».
Cosa sta succedendo e che impatto può avere la guerra sul regime teocratico di Teheran, ma soprattutto su una popolazione che da anni si mobilita? Lo chiediamo ad Alì Ghaderi, dirigente dei Fedayn del Popolo Iraniano, parte della Resistenza iraniana.
Dal giornale «il Fatto Quotidiano»
Angelo d’Orsi recensisce il volume
«De russophobia»
di Vincenzo Lorusso
(4Punte Edizioni, 2025)
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«Nient’affatto un libro di “propaganda filorussa”, De russophobia (Sulla russofobia in latino) è una campana «stonata» tra le tante ascoltate nei TG e lette sui giornali: il conflitto tra Russia e Ucraina situato in un contesto che non ci viene mai raccontato. Una breve cronistoria dei tanti casi di russofobia subiti da artisti, personaggi pubblici, semplici cittadini o addirittura gatti. Un viaggio nel mondo della censura e della manipolazione delle informazioni con l’obiettivo di contrastare conferenze, dibattiti, proiezioni e petizioni non conformi alla narrativa dominante. Il libro culmina con la petizione – firmata da migliaia di cittadini italiani e consegnata alle Istituzioni russe – nella quale viene ribadita l’amicizia storica tra i due popoli.
Introduzione di Maria Zakharova. Prefazione di Alberto Fazolo. Postfazione di Andrea Lucidi» (dalla quarta di copertina del volume).
A un mese dalla scomparsa di Ali Rashid, pubblichiamo questo ricordo personale di Michele Nardelli, negli anni ’80 membro della segreteria nazionale di Democrazia Proletaria.
«Era il 4 dicembre 1992. Nel Teatro nazionale di Baghdad da poco uscita dalla prima guerra del Golfo avviene un piccolo miracolo: il Concerto di Baghdad».
Dal sito di «SUDD Cobas»
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Il Sindacato Unione Democrazia Dignità (SUDD) Cobas ha promosso tra fine maggio e inizio giugno 2025 quattro giorni di scioperi e picchetti in 28 fabbriche dello sfruttamento del distretto pratese del tessile. Risultato: 24 accordi 8×5 già firmati.
I picchetti proseguono alla YDL, alla Vivi Stamperia, alla JModa e alla Winner. Centinaia di operai del distretto mobilitati ogni giorno. 29 fabbriche già sindacalizzate che hanno scioperato in solidarietà per andare a sostenere i picchetti dei loro colleghi di distretto. Un numero indefinito di passeggiate rumorose tra i capannoni, volantinaggi e comizi in diverse lingue ai cancelli delle fabbriche non ancora sindacalizzate. Un bilancio che è già un successo oltre le previsioni. Numeri che non riescono a trasmettere la gioia, l’entusiasmo, la generosità che riempiono queste giornate.
Del “sistema Prato” e di come funziona (12 ore di lavoro al giorno per 7 giorni alla settimana) ci eravamo già occupati riprendendo questo articolo di Leonardo Bison per «il Fatto Quotidiano» del 3 settembre 2023 >>> Vai all’articolo >>>
Dal periodico «Sinistra Sindacale»
Sandro De Toni recensisce il volume
(Meltemi, 2025)
Ursula von der Leyen, Roberta Metsola, Kaja Kallas.
Fonte della foto: https://www.eunews.it/2024/06/28/i-top-jobbers-dellunione-cerchino-di-essere-un-team-stavolta/
Dalla rivista online «KRISIS»
di Thomas Fazi
Quasi 80 milioni di euro l’anno per costruire un ecosistema mediatico filo-europeo: così l’Ue influenza il discorso pubblico.
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Thomas Fazi ha analizzato il complesso sistema di sovvenzioni con cui le istituzioni europee sostengono agenzie di stampa, emittenti pubbliche e progetti giornalistici in tutta Europa. In un rapporto realizzato per MCC Brussels, un think tank ungherese, il saggista italo-inglese solleva interrogativi sulla trasparenza dei meccanismi di finanziamento, sulla neutralità degli obiettivi dichiarati e sul ruolo dell’Unione europea nel definire quella che viene considerata informazione «affidabile». Fazi ricostruisce l’impatto di questa rete di finanziamenti sull’ecosistema mediatico europeo e sulla capacità dei media di svolgere il loro ruolo di contropotere democratico.
Dopo che Donald Trump ha tagliato i fondi con cui la CIA e il Dipartimento di Stato finanziavano 600 testate e singoli giornalisti nel mondo (tra cui il 97% della stampa ucraina), l'Unione Europea, tramite Kaja Kallas, Alto commissario per la politica estera, ha annunciato che subentreranno fondi europei d’emergenza per continuare a costruire le narrazioni mainstream che spesso vengono ripetute a pappagallo dalla maggior parte dei mezzi d’informazione.
Lo studio di Thomas Fazi permette finalmente di togliere il velo a questi meccanismi.
Dal giornale «il Fatto Quotidiano»
Salvatore Cannavò recensisce il volume
(Fandango Libri, 2025)
Rolf Mützenich.
Autore della foto: EPA-EFE/CLEMENS BILAN
Fonte della foto: https://www.ilmitte.com/2025/06/spd-manifesto-contro-il-riarmo/
“L’SPD deve restare un partito pacifista”. Questa è una delle dichiarazioni contenute in un manifesto contro il riarmo prodotto da alcuni politici di spicco del partito socialdemocratico tedesco, manifesto che ha dato il via, ovviamente, a un acceso dibattito non solo all’interno del partito, ma di tutta la coalizione di governo. Il documento contesta apertamente la linea dell’esecutivo tedesco guidato da Friedrich Merz (CDU) in materia di politica estera e di sicurezza e propone un cambio di rotta radicale nelle relazioni con la Russia e nelle strategie di difesa europea.
Germania, qualcosa si muove?
di Marco Bartalucci
Alcuni nell’SPD hanno capito di poter profilare una politica diversa da quella seguita sin qui dal governo precedente e dall’attuale e dare voce ai cittadini estremamente scontenti della situazione economica che non si sono schierati a destra o a sinistra.
Molti, anche in Germania, votano per “tradizione” familiare SPD o CDU, specie nei Länder occidentali. Però, a quanto pare, molti si sentono traditi dai loro partiti di riferimento e sono diventati più “volatili”, anche se non accetterebbero di passare ad un partito decisamente di destra o di sinistra.
La situazione economica prelude all’ingresso dei fondi internazionali di investimento di grosso calibro e alla disarticolazione della vecchia organizzazione economica industriale. Questo non è ancora passato nella coscienza dei più ma è chiaro alla borghesia e piano piano all’istinto della classe lavoratrice e forse addirittura ai pensionati, affezionati votanti, ad ovest, della CDU. Ad est la situazione è completamente diversa, ci sono state troppe delusioni; per questo i votanti cercano soluzioni più “radicali” ed accettano senza problemi l’AfD.
In ogni caso la SPD può ritrovare una ragione d’essere se proverà a rappresentare i mal di pancia che si diffondono ad ovest.
14 giugno 2025
🔴 Marco Bartalucci
Il fallimento dei referendum su lavoro e diritti
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Il mancato raggiungimento del quorum ai 5 referendum dell’8 e 9 giugno 2025 (per limitare la precarizzazione del lavoro, per ripristinare alcuni dei diritti tolti ai lavoratori dal Jobs Act e per permettere agli stranieri l’accesso alla cittadinanza italiana in tempi meno biblici) si presta a diverse interpretazioni e analisi.
Pubblichiamo un primo contributo al dibattito.
Prefazione di Piergiorgio Odifreddi
(Fazi Editore, 2025)
Magri, Rossanda, Milani e Castellina nel 1969.
Fonte della foto: https://ilmanifesto.it/idiosincrasie-di-rossana-giornalista
In questa intervista del 2013 al quotidiano la Repubblica Rossana Rossanda parlava di come la mancata comprensione tra vecchie e nuove generazioni l’avesse portata alla rottura con la nuova direzione del quotidiano da lei fondato, il manifesto. E di quanto ancora bruciassero le rotture del passato, come quella con Lucio Magri: rottura politica sì, ma che non ha interrotto un’amicizia personale che l’ha condotta ad accompagnarlo nell’ultimo viaggio dopo la scelta del suicidio assistito.
Dal quotidiano «l’Unità»
intervista a cura di Umberto De Giovannangeli
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In vista dei referendum su lavoro e cittadinanza dell’8 e 9 giugno, la maggioranza di governo invita a disertare le urne. Per Meloni e i suoi alleati, infatti, il successo dei referendum pregiudicherebbe il boom dell’occupazione ottenuto in questi anni. Ma è proprio così? Ne parliamo con l’economista Emiliano Brancaccio dell’Università Federico II di Napoli, che sui legami tra precarietà e occupazione ha pubblicato ricerche d’avanguardia e ha tenuto importanti dibattiti presso la Scuola Superiore della Magistratura, con Tiziano Treu e altri fautori della flessibilità.
Dal sito «BarBalcani»
di BarBalcani
MA A VOI SEMBRA NORMALE che un Primo Ministro “socialista” albanese si inginocchi al cospetto della Presidente del Consiglio fascista italiana?
Il premier Edi Rama era già sulla bocca di mezza Europa per un controverso accordo con il governo italiano riguardo all’emigrazione. Ma se all'estero è spesso ammirato, è dentro i confini nazionali che va cercata la sua vera natura.
Dal sito «fatamorganaweb.it»
Micaela Latini recensisce il volume
Ernst Bloch
Da Kant a Marx
Lezioni di storia della filosofia moderna
(Mimesis Edizioni, 2024)
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«Il volume raccoglie le lezioni sulla storia della filosofia moderna tenute da Bloch tra il 1951 e il 1956 all’Università di Lipsia. Da Kant fino a Marx, gli autori e gli argomenti affrontati vengono analizzati attraverso le categorie tipiche della speculazione filosofica blochiana, quali la non-contemporaneità, la maturazione tardiva e il marginale, strumenti sensibili a rintracciare le fenditure dove possono nascondersi nuclei utopici forieri di ulteriori sviluppi. Questo emerge fin dalla trattazione della filosofia kantiana, ma anche delle problematiche dell’idealismo, che si presentano dense di significato utopico. Persino l’analisi della dissoluzione dell’hegelismo evidenzia tratti di grande originalità, dovuti al fatto che un pensiero della speranza, come quello di Bloch, non può evitare il confronto con le filosofie della catastrofe (Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche) e con il loro conclamato pessimismo. Bloch conclude il suo percorso rintracciando nella concezione marxiana della storia la ricerca di quell’utopia concreta che sarà la cifra del suo stesso pensiero» (dalla quarta di copertina del volume).
Dal quotidiano «il manifesto»
di Guido Caldiron
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Un percorso di lettura tra nuovi linguaggi e suggestioni narrative. Tre libri sulle periferie francesi tra sfida sociale e immaginario. Sguardi diversi per narrarle soprattutto dall’interno.
La Grande Borne, Grigny, regione di Parigi.
La separazione tra élite e periferie mina la République. Il conflitto urbano, che nel dopoguerra era promosso e strutturato dalla sinistra, oggi ha preso altre strade e ha altri protagonisti, ed è difficile trovare percorsi comuni. E qui è la sinistra ad avere le più grandi responsabilità, non avendo saputo trovare modalità di adattamento alle specificità delle nuove popolazioni che abitano queste vaste aree urbane.
Anni ’80: Bulgaria e Romania divise dal Danubio e da un impianto chimico
🔴di Leandro Casini🔴
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Come sei donne avviarono una battaglia ecologista che mise in crisi i rapporti fra Todor Živkov e Nicolae Ceauşescu in piena perestrojka. Come la popolazione di Ruse e l’opinione pubblica bulgara misero in discussione la capacità del Partito comunista e del governo di salvaguardare la salute dei cittadini e la qualità dell’aria. E come proprio sulle questioni ecologiche sorse il primo movimento di opposizione in Bulgaria.
Dišaj (Respira) è un documentario di Juri Žirov che nel 1987-88 registrò le manifestazioni di protesta dei cittadini di Ruse contro le autorità accusate di ritardare le iniziative per costringere la Romania a chiudere il dannoso impianto chimico di Giurgiu, sull’altra sponda del Danubio.
Dal sito «{Parentesi storiche}»
Caterina Mongardini recensisce il volume
RUSSOFOBIA
MILLE ANNI DI DIFFIDENZA
di Guy Mettan
Introduzione di Franco Cardini
(Sandro Teti Editore, 2016)
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La russofobia non è un fenomeno nato nel 2022, con la fase acuta del conflitto tra Russia e Ucraina, ma ha radici antiche di almeno mille anni, quando ben altri imperi sorgevano nello spazio eurasiatico. Nel 2016 un documentato volume dello storico svizzero Guy Mettan, edito da Sandro Teti, analizzava questo ricorrente approccio occidentale nei confronti dell’orso (o meglio orco?) russo.
Da «il Fatto Quotidiano»
«Sommaria» l’idea di Mattarella di un parallelo tra Germania nazista e Russia. La propaganda bellica degli ultimi tre anni in Italia porta alla superficialità e alla distorsione della realtà storica.
Da «il Fatto Quotidiano»
L’ex corrispondente Rai da Mosca racconta come la tv di stato italiana ha ostacolato il suo lavoro, che era quello di informare sulla guerra, le sue cause, i suoi sviluppi, le sue possibili conseguenze.
Da «il Fatto Quotidiano»
La professoressa dell’Università di Genova parla di come sia sempre più difficile occuparsi di letteratura russa in Italia dopo l’inizio della guerra in Ucraina. Come se lingua e letteratura russe avessero una qualche responsabilità.
Dalla rivista «Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe» riprendiamo un approfondito articolo di Renato Strumia che traccia un quadro (desolante) della situazione lavorativa, contrattuale e salariale in Italia.
Alì Rashid (n. 1953),
Fonte della foto: profilo Facebook di Alì Rashid.
Dal periodico «Sinistra Sindacale»
Intervista a cura di Frida Nacinovich
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Alì Rashid, ex deputato PRC alla Camera, primo segretario della Delegazione generale della Palestina in Italia, fa il punto sulla situazione disperata che attanaglia il popolo palestinese.
«Netanyahu è solo l’evoluzione di quello che Israele è sempre stato, il popolo eletto a cui Dio ha dato questa terra, che ha commesso delle atrocità. Cosa ci si dovrebbe aspettare da chi vive assediato da decine e decine di anni, da chi sta morendo lentamente, giorno dopo giorno? I palestinesi non possono sparire in silenzio»
4 (17) aprile 1917, Pietrogrado, Palazzo di Tauride. L’intervento in cui Lenin illustra le Tesi di aprile davanti al Soviet dei deputati degli operai e dei soldati di Pietrogrado.
Fonte della foto: canale Telegram Коммунистический мир.
Il 17 aprile 1917 V.I. Lenin intervenne a una riunione dei bolscevichi – partecipanti alla Conferenza panrussa dei Soviet dei deputati degli operai e dei soldati – con una relazione intitolata Sui compiti del proletariato nella rivoluzione attuale, che in seguito passò alla storia col nome di Tesi di aprile.
Le Tesi di aprile fornirono risposte alle domande più importanti dell’epoca: sulle vie d’uscita dalla guerra imperialista, su una nuova forma di potere statale, sull’attuazione di misure economiche urgenti che rappresentassero i primi passi verso il socialismo, sulla lotta contro la fame e la devastazione, sulla tattica del partito sulla via della rivoluzione socialista.
Lenin delineò un piano concreto per la transizione dalla rivoluzione democratico-borghese alla rivoluzione socialista, che avrebbe dovuto trasferire il potere nelle mani della classe operaia e dei contadini poveri. Dopo aver assegnato tale compito, V.I. Lenin ha fondato teoricamente l’essenza della Repubblica dei Soviet come forma politica della dittatura del proletariato. Inoltre, Lenin formulò le piattaforme politiche ed economiche del partito bolscevico, i compiti del lavoro di agitazione e propaganda, la costruzione del partito, una decisa distinzione dai socialsciovinisti e la creazione dell’Internazionale comunista.
Vladimir Il’ič Lenin, Sui compiti del proletariato nella rivoluzione attuale. “Tesi di aprile” (1917) >>> vai all’articolo >>>
Una storia dell’emigrazione italiana in Nuova Zelanda
🔴di Antonella Sarti🔴
Ringraziamo calorosamente Antonella Sarti, scrittrice, critica letteraria, traduttrice di letteratura neozelandese e maori, per averci segnalato questa particolarissima storia…
Già docente presso il Liceo scientifico “Rodolico” di Firenze, Sarti collabora con la Victoria University di Wellington. Ma di Antonella ci preme ricordare anche la sua grande passione per lo studio della Resistenza, soprattutto nel territorio apuano, da cui ha tratto ispirazione per il romanzo Dalle cime al mare (Effigi, 2012).
Numerose le sue traduzioni, i saggi critici e le curatele di volumi di poesia e letteratura maori. Tra i numerosi titoli ricordiamo Piccoli buchi nel silenzio di Hone Tuwhare o Sciame di stelle. Poetesse maori contemporanee (Ensemble, 2020).
Paolo Mencarelli
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C’è un club a Wellington… il Club Garibaldi
Il motto è: “Fratellanza, Educazione, Lavoro”
di Antonella Sarti
Il Club Garibaldi è il più antico club culturale italiano dell’emisfero sud.
Fu fondato nel 1882 e registrato nel 1883 da alcuni fra i primissimi italiani che si stabilirono sulla costa attorno alla capitale neozelandese, Wellington, ed in particolare nei quartieri marini di Eastbourne ed Island Bay. La maggior parte di loro erano pescatori provenienti da Massa Lubrense e paesini limitrofi, altri dall’isola di Stromboli. Ma tra i fondatori dello storico club ci furono soprattutto ex garibaldini (da cui il nome dedicato) e seguaci repubblicani dell’eroe nazionale, che avevano preferito vivere in esilio anziché sottostare al governo del re sabaudo. La prima riunione per organizzare il club avvenne un mese dopo la morte di Giuseppe Garibaldi. Fu scelta come sede Courtnay Place, centrale nella capitale della Nuova Zelanda, la quale fu proclamata Stato ufficiale e Dominio della Corona Britannica, a seguire il Trattato di Waitangi, nel 1840. Dunque, uno dei primi club in assoluto in Aotearoa NZ!
Il primo presidente del Garibaldi Club era il signor Cenci, il vice presidente il signor Innocenti, il segretario Mr George Robertson (originario di Livorno e di doppia cittadinanza italo-britannica) e a seguire fra i membri fondatori: rappresentanti delle famiglie Cimino, Della Barca e Scaramelli. La famiglia Scaramelli era particolarmente vicina a Garibaldi, e una discendente di Telene Elvira Maria Scaramelli (emigrata in Nuova Zelanda nel 1870, fra i 150 cittadini livornesi ai quali il governo britannico aveva offerto il viaggio gratuito), di nome Michela Sgarallino, conserva ancora preziosi cimeli donati da Garibaldi alla sua famiglia, nel Museo Sgarallino di Livorno. Lo scorso anno Michela ha visitato la Nuova Zelanda per far luce sulle connessioni storiche e familiari con il Club Garibaldi. Ha incontrato Geoffrey Patrick Scaramelli, nato a Wellington e discendente di entrambe le famiglie, Scaramelli e Sgarallino, il quale è uno storico ed ha fatto molta ricerca sul tema.
Il motto ispiratore del Club Garibaldi era “Fratellanza, Educazione, Lavoro”.
Il Club è tuttora attivo e prospero, ed assieme al Circolo Italiano (affiliato alla Società Dante Alighieri) si occupa della promozione della lingua, cultura e tradizioni italiane a Wellington. Si trova adesso non distante dal primo luogo di incontro, all’incrocio fra Vivian Street e Tory Street, e nella sua sala principale si legge a grandi lettere lo slogan “Qui tutto bene” (un commento che accomunava molte lettere dei primi emigrati italiani).
🔴 Antonella Sarti
Dal quotidiano «il manifesto»
(Edizioni Punto Rosso, Milano, 2025)
recensione di Guido Liguori
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György Lukács è ancora abbastanza noto in tutto il mondo come filosofo marxista, studioso di estetica, storico e teorico della letteratura. Egli fu però anche un politico in atto, un rivoluzionario, almeno in due momenti fondamentali della sua vita – restando per il resto sempre un militante convinto, costretto dallo «stalinismo» a celare prudentemente le proprie opinioni.
1945. Carri armati jugoslavi a Trieste.
Fonte della foto: https://confinepiulungo.it/18-la-corsa-per-trieste/
Dal sito «volerelaluna.it»
Memorie della Liberazione
di Sergio Bologna*
Aveva 8 anni lo storico Sergio Bologna quando assisté da vicino alla liberazione di Trieste da parte dei partigiani jugoslavi. Di quegli anni e dei suoi ricordi di bambino parla un questo toccante articolo di qualche anno fa.
Siamo pubblica utilità
Chiediamo la dichiarazione della pubblica utilità sull’area ex Gkn da parte del nascente Consorzio industriale pubblico della piana fiorentina. Per dare in gestione l’area a chiunque la voglia veramente reindustrializzare.
Siamo pubblica utilità…
1. A salvaguardia del “saldo occupazionale del territorio”: 400 posti di lavoro sono stati bruciati da logiche speculative. 400 posti di lavoro devono essere ricreati.
2. A difesa del territorio: perché la fabbrica ha consumato il suolo e questo consumo non può essere ridotto a mero estrattivismo. Su quel suolo ormai “consumato” dall’immobile fabbrica, deve sorgere benessere sociale, lavoro, diritti.
3. Per la transizione climatica dal basso, reale: se reindustrializzazione deve essere, si riparta da prodotti ecologicamente avanzati.
4. Per uno degli esperimenti sociali più avanzati nel contesto dato: la fabbrica socialmente integrata, basata su forme di controllo operaio, sociale, dal basso.
5. A guardia di una alternativa: perché la ex Gkn mostra un esempio contagioso di uscita dalla crisi dell’automotive e fortemente alternativo alla follia della conversione bellica dell’industria.
6. A impulso della narrazione della nostra classe, della nostra memoria, di una prospettiva: il polo della cultura working class che riunisca archivi operai, progetti documentaristici, letteratura e storia operaia e delle lotte sociali.
7. Perché abbiamo un piano. L’unico.
8. Perché le fabbriche non possono vivere “consumando i territori”, i territori non devono lasciare che la speculazione “consumi” le proprie fabbriche.
9. Perché una produzione ecologicamente avanzata non può vivere se non cambiando il mondo attorno: che la fabbrica socialmente integrata sia impulso e interfaccia delle comunità energetiche e del cicloattivismo.
10. Perché fabbriche aperte e organizzate fanno comunità solidali e consapevoli. Fabbriche aperte, teatri, circoli, e case del popolo vive, territori sicuri.
Perché se si vince qua, si cambia i rapporti di forza a favore di tutte e tutti.
(Tratto dalla pagina Facebook del Collettivo di Fabbrica – Lavoratori Gkn Firenze, 07/04/2025).
Da «JACOBIN Italia»
di Ken Loach
«La lotta per la coscienza di classe è ormai cruciale: è la nostra arma contro il fascismo», dice Ken Loach nella lettera che ha inviato al Festival di letteratura working class che comincia oggi alla Gkn di Campi Bisenzio.
«Howard Zinn (1922-2010) è stato uno scrittore radicale americano newyorkese di inclinazioni socialiste libertarie e provenienza da una famiglia di immigrati ebrei europei (dall’Austria e dalla Siberia). Dagli anni Sessanta prese parte attivamente al movimento per i diritti civili, sia nel ruolo di docente di Storia sia in quello successivo di docente di Scienze politiche. Prese posizioni coraggiose e personalmente costose contro la discriminazione razziale e la guerra del Vietnam.
Il suo testo più famoso, Storia del popolo americano dal 1492 ad oggi, è uno straordinario affresco dell’intera storia degli Stati Uniti, fino ai primi anni di Bush junior, descritta sotto il profilo della storia popolare. Ovvero della storia delle lotte e mobilitazioni popolari e delle diverse forme di oppressione che sono state praticate nella storia del paese. È quindi, e soprattutto, una storia dei dispositivi di controllo sociale e di formazione e dominio delle élites e di formazione e sfruttamento di sempre nuove ineguaglianze e colonie interne. Anzi, di controllo proprio rendendo funzionali le ineguaglianze interne tramite il sistematico spostamento su altro della natura economica di queste».
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Pagine: 156
Codice ISBN:
9791259677587
Prezzo cartaceo: € 12
Data pubblicazione: 08-04-2025
A cura di Antonio Bocchinfuso, Mario Soldaini, Leonardo Tosti
Prefazione di Ilan Pappé
Con interventi di Susan Abulhawa e Chris Hedges
Traduzione dall’arabo di Nabil Bey Salameh
Traduzione dall’inglese di Ginevra Bompiani ed Enrico Terrinoni
La poesia come atto di resistenza. La forza delle parole come tentativo di salvezza. È questo il senso più profondo delle trentadue poesie di autori palestinesi raccolte in questo volume, in gran parte scritte a Gaza dopo il 7 ottobre 2023, nella tragedia della guerra in Palestina, in condizioni di estrema precarietà: poco prima di essere uccisi dai bombardamenti, come ultima preghiera o testamento poetico (Abu Nada, Alareer), mentre si è costretti ad abbandonare la propria casa per fuggire (al-Ghazali), oppure da una tenda, in un campo profughi dove si muore di freddo e di bombe (Elqedra). Come evidenzia lo storico israeliano Ilan Pappé nella prefazione, «scrivere poesia durante un genocidio dimostra ancora una volta il ruolo cruciale che la poesia svolge nella resistenza e nella resilienza palestinesi. La consapevolezza con cui questi giovani poeti affrontano la possibilità di morire ogni ora eguaglia la loro umanità, che rimane intatta anche se circondati da una carneficina e da una distruzione di inimmaginabile portata». Queste poesie, osserva Pappé, «sono a volte dirette, altre volte metaforiche, estremamente concise o leggermente tortuose, ma è impossibile non cogliere il grido di protesta per la vita e la rassegnazione alla morte, inscritte in una cartografia disastrosa che Israele ha tracciato sul terreno». «Ma questa raccolta non è solo un lamento», nota il traduttore Nabil Bey Salameh. «È un invito a vedere, a sentire, a vivere. Le poesie qui tradotte portano con sé il suono delle strade di Gaza, il fruscio delle foglie che resistono al vento, il pianto dei bambini e il canto degli ulivi. Sono una testimonianza di vita, un atto di amore verso una terra che non smette di sognare la libertà. In un mondo che spesso preferisce voltare lo sguardo, queste poesie si ergono come fari, illuminando ciò che rimane nascosto». Perché la scrittura, come ricordava Edward Said, è «l’ultima resistenza che abbiamo contro le pratiche disumane e le ingiustizie che sfigurano la storia dell’umanità».
Il libro è anche un’iniziativa concreta di solidarietà verso la popolazione palestinese. Per ogni copia venduta Fazi Editore donerà 5 euro a EMERGENCY per le sue attività di assistenza sanitaria nella Striscia di Gaza.
«Posso scrivere una poesia / con il sangue che sgorga».
Yousef Elqedra
«La libertà per cui moriamo / non l’abbiamo mai sentita».
Haidar al-Ghazali
«La poesia nella mia prigione / È nutrimento / È acqua e aria».
Dareen Tatour
«Se devo morire, / che porti speranza, / che sia una storia».
Refaat Alareer
«Leggete queste poesie non solo con gli occhi, ma con l’anima. Ascoltate la loro musica, il loro ritmo sottile. Che siano per voi un ponte verso la comprensione, un inno alla dignità, e un ricordo che la bellezza, anche nelle situazioni più difficili, può ancora fiorire».
dalla nota del traduttore Nabil Bey Salameh
«Forse questa raccolta contribuirà a erodere in qualche misura lo scudo di silenzio e disinteresse che garantisce immunità ai responsabili del genocidio a Gaza».
dalla prefazione di Ilan Pappé
«Non credete che nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU anziché i paesi che hanno la bomba atomica sarebbe più giusto mettere quelli che sono riusciti pur massacrati dai bombardamenti a scrivere queste poesie bellissime?».
Luciana Castellina
Curata da Antonio Bocchinfuso, Mario Soldaini e Leonardo Tosti, questa raccolta propone una selezione di poesie di dieci autori palestinesi: Hend Joudah, Ni’ma Hassan, Yousef Elqedra, Ali Abukhattab, Dareen Tatour, Marwan Makhoul, Yahya Ashour, Heba Abu Nada (uccisa nell’ottobre 2023), Haidar al-Ghazali e Refaat Alareer (ucciso nel dicembre 2023). Il volume è arricchito da una prefazione dello storico israeliano Ilan Pappé e da due interventi firmati dalla scrittrice Susan Abulhawa, autrice del romanzo bestseller Ogni mattina a Jenin, e dal giornalista premio Pulitzer Chris Hedges, ex corrispondente di «The New York Times» da Gaza.
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Dopo le polemiche sul Manifesto di Ventotene, riprendiamo da «l’Unità» un articolo del 1952 di Lucio Lombardo Radice che dava conto di un confronto tra europeisti condotto sulla rivista fiorentina «Il Ponte», riportando in particolare le posizioni contrapposte di Piero Calamandrei e Altiero Spinelli. Emergevano due idee di Europa, l’una volta a mediare tra Stati Uniti e Unione Sovietica, l’altra tutta interna al campo occidentale e rivolta contro il comunismo.
Lombardo Radice polemizzava con Spinelli accusandolo di voler promuovere la formazione di un esercito europeo diretto contro l’Unione Sovietica e i paesi del campo socialista; un progetto che prevedeva, tra l’altro, un forte riarmo della Germania e una riabilitazione dei generali che anni prima avevano combattuto per la Germania hitleriana.
Altiero Spinelli (1907-1986), comunista antistalinista che aveva rotto col partito di cui aveva fatto parte dal 1924, cercò per tutta la vita di realizzare il proprio sogno di una Federazione europea. La sua parabola politica lo portò infine a essere eletto deputato alla Camera e quindi al Parlamento europeo come indipendente nelle liste del PCI.
Jean Jaurès (1859-1914).
Dalla rivista «Internazionale»
di Giovanni De Mauro
Jean Jaurès è stato un uomo politico francese, nato nel 1859 e ucciso a Parigi il 31 luglio 1914. Leader socialista, fu ispiratore e teorico del pacifismo, ideale per il quale fu assassinato da un nazionalista alla vigilia della prima guerra mondiale. Nel 1903 fu invitato a tenere un discorso agli studenti nel liceo di Albi, nel sud della Francia, in cui aveva insegnato prima di diventare deputato, e tra l’altro disse:
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“L’umanità è maledetta se per dare prova di coraggio si condanna eternamente a uccidere. Il coraggio oggi non è far vagare sul mondo la terribile nube della guerra. Il coraggio non è lasciare alla forza la soluzione di conflitti che la ragione può risolvere.
“Per voi il coraggio deve essere quello di ogni ora: è saper sopportare le prove fisiche e morali che la vita impone di continuo. Il coraggio è scegliere un mestiere, farlo bene, non disgustarsi per dettagli monotoni e fastidiosi. In qualunque mestiere bisogna esser sia pratici sia filosofi.
“Il coraggio è capire qual è la propria vita, precisarla, approfondirla e al tempo stesso coordinarla con la vita in generale. Il coraggio è tenere d’occhio la propria macchina per filare o per tessere in modo che nessun filo si rompa, e tuttavia prepararsi a un ordine sociale più grande e fraterno in cui la macchina sarà al servizio dei lavoratori liberati.
“Il coraggio è accettare le nuove condizioni che la vita propone alla scienza e all’arte, accogliere ed esplorare la complessità quasi infinita dei fatti e dei dettagli, e al tempo stesso illuminare questa realtà enorme e confusa con delle idee generali, organizzarla e sollevarla con la bellezza sacra delle forme e dei ritmi.
“Il coraggio è dominare i propri errori, soffrirne ma non esserne sopraffatti e continuare il proprio cammino. È andare verso l’ideale comprendendo la realtà. È agire e dedicarsi alle grandi cause senza sapere quale ricompensa riserverà al nostro sforzo l’universo, né se una ricompensa ci sarà. Il coraggio è cercare la verità e dirla, non cedere alla menzogna, non associarsi alle urla dei fanatici”.
(Tratto da: Giovanni De Mauro, Coraggio, in «Internazionale», n. 1448, 17 febbraio 2022, pag. 5).
Dalla rivista «Sotto la bandiera del marxismo» – 1922
di Vladimir Il’ič Lenin
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Materialismo e ateismo sono alla base della nascita nel 1922 della rivista «Pod znamenem marksizma» («Sotto la bandiera del marxismo»). Sul secondo numero di tale rivista, il n. 3/1922, Vladimir Lenin pubblicò Materialismo e ateismo sono alla base della nascita nel 1922 della rivista «Pod znamenem marksizma» («Sotto la bandiera del marxismo»). Sul secondo numero di tale rivista, il n. 3/1922, Vladimir Lenin pubblicò l’articolo Sul significato del materialismo militante (O značenii voinstvujuščego materializma), in cui definì il ruolo e il programma per lo sviluppo della filosofia marxista nell'era moderna e considerò il lavoro teorico del partito come parte integrante del piano di edificazione socialista. Questo scritto costituiva la continuazione e l'ulteriore sviluppo di opere di Lenin come Materialismo ed empiriocriticismo e Quaderni filosofici, e divenne, in sostanza, il suo testamento filosofico.
Monumento dedicato ai bambini deportati di fronte al Museo dell’Olocausto macedone, Skopje (Meridiano 13/Nicola Zordan).
Fonte della foto: https://www.meridiano13.it/wp-content/uploads/2024/02/museo-Olocausto-macedone-Skopje.jpeg
Mentre il 10 marzo a Sofia si celebra la “Giornata del salvataggio degli ebrei bulgari”, l’11 marzo a Skopje si ricorda l’Olocausto macedone.
La questione degli ebrei bulgari e macedoni attraverso le visite al Museo Nazionale di Storia della Bulgaria a Sofia e al Museo dell’Olocausto macedone a Skopje: due narrazioni e interpretazioni degli eventi della Seconda guerra mondiale diametralmente opposte e confliggenti, con ricadute tutte attuali sulle relazioni diplomatiche tra i due stati confinanti.
Il giovane Lukács.
Fonte della foto: https://lisandromoura.wordpress.com/wp-content/uploads/2011/02/lukacs6.jpg
di Lelio La Porta
Una breve ricostruzione del percorso politico del filosofo marxista ungherese.
Inoltre, presentiamo un breve scritto del 1919 in cui il Commissario del Popolo all’Istruzione pubblica György Lukács affermava il valore dell’arte e della letteratura universalmente riconosciuti senza cedimenti di fronte al dilettantismo della letteratura proletaria e di partito.
Michał Kalecki (1899-1970).
Fonte della foto: https://www.xn--lamaana-7za.uy/opinion/michal-kalecki-el-desempleo-y-la-doctrina-de-las-finanzas-sanas/
di Sergio Zangirolami
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Formato al pensiero di Marx, anche attraverso Turgan-Baranovskij e Rosa Luxemburg, ne deriverà la continua attenzione per la divisione della società in classi e per il problema della domanda (il problema della realizzazione del plusvalore).
Dal sito «sinistrainrete.info»
(Einaudi, 2023)
recensione di Pierluigi Fagan
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«In che direzione si muove oggi il capitalismo? Verso la frammentazione. Non più pochi Stati-nazione ma tanti piccoli territori, senza tassazione progressiva, senza welfare, senza regole: senza democrazia.
Basta uno sguardo alle mappe del mondo degli ultimi decenni. È dagli anni Novanta che la globalizzazione ha mandato in frantumi la geografia degli Stati-nazione creandone altri e immensamente più piccoli: paradisi fiscali, porti franchi, città-Stato, enclaves blindate e zone economiche a statuto speciale. Queste nuove zone sono esonerate dalle tasse e dalle regolamentazioni dei comuni mortali. E grazie a queste zone gli ultracapitalisti credono che sia finalmente possibile ciò che sembrava impensabile fino a qualche decennio fa: sfuggire ai vincoli e alle restrizioni dei governi democratici. Lo storico Quinn Slobodian si mette simbolicamente alle calcagna dei più noti e radicali neoliberali – da Milton Friedman a Peter Thiel – in giro per il mondo cercando la residenza perfetta per le loro fantasie da mercato libero. La caccia porta dalla Hong Kong degli anni Settanta al Sudafrica degli ultimi giorni dell’apartheid, dalle neoconfederazioni al modello medievale della città di Londra. Per arrivare infine alle zone di guerra e agli oceani, tracciando la disperata e instancabile rotta per un territorio vergine dove poter liberare il capitalismo dalla morsa della democrazia» (dalla quarta di copertina del volume).
Pietro Secchia (1903-1973).
Comunisti scomodi
di Angiolo Gracci (“Gracco”)
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Pietro Secchia (1903-1973) fu un grande organizzatore della Resistenza e dirigente di spicco del Partito Comunista Italiano, di cui fu vicesegretario generale e responsabile del settore Organizzazione e Propaganda. Negli anni Cinquanta egli venne emarginato dai vertici del partito per le sue posizioni considerate estremiste: non aveva mai voluto rinunciare all’idea dell’insurrezione armata e fu accusato di aver costituito una struttura clandestina di ex partigiani dotati di armi non riconsegnate dopo la Liberazione.
Negli anni Sessanta, nel pieno della contestazione studentesca, presero contatto con lui esponenti dei movimenti della sinistra extra-parlamentare per cercare di coinvolgerlo nella fondazione di un rinato partito comunista su basi marxiste-leniniste. Il comandante partigiano fiorentino “Gracco” fu incaricato di sondare la disponibilità del dirigente del Pci a imbarcarsi nell’avventura della fondazione del Partito Comunista d’Italia (marxista-leninista). Qui il ricordo di quell’incontro.