Materiali per una rivoluzione culturale
«Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia».
don Lorenzo Milani
Dubček racconta: «Come divenni segretario del Partito» >>> Vai all’articolo >>>
Dossier La “Primavera di Praga” 🇨🇿
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Dal 19 novembre 1957 al 5 gennaio 1968 Antonín Novotný aveva cumulato le due massime cariche del potere in Cecoslovacchia: era al tempo stesso Presidente della Repubblica e Primo segretario del Partito comunista. La figura di Novotný e il suo modo di dirigere Stato e partito restavano nel solco della tradizione burocratica dello stalinismo, una delle cui caratteristiche peculiari consisteva nell’accentramento dei poteri e nella consuetudine di trasmettere tutte le decisioni dal vertice alle istanze istituzionali inferiori.
Negli anni Sessanta la Cecoslovacchia attraversava una crisi su più fronti: in economia si registrava un calo della produttività della grande e media industria e un arretramento negli approvvigionamenti dei prodotti di consumo quotidiano; nella cerchia ampia degli intellettuali le critiche al potere erano emerse in modo palese durante il Congresso dell’Unione degli scrittori cecoslovacchi del giugno 1967; anche nelle università iniziava a registrarsi un fermento tra gli studenti, desiderosi di maggiore libertà di espressione.
Una questione cruciale era rappresentata dal fatto che la Repubblica includeva due etnie principali, i cechi (in Boemia e Moravia) e gli slovacchi (in Slovacchia), con questi ultimi in posizione ancillare rispetto alle decisioni cruciali che venivano prese a Praga; si prospettava quindi l’idea della trasformazione dello Stato cecoslovacco in una repubblica federativa in cui la parte slovacca godesse di una più larga autonomia decisionale. Segretario del Partito comunista slovacco era allora proprio Alexander Dubček, che nelle pagine che seguono (tratte dalle sue memorie) racconta quale fu il processo politico che si svolse all’interno delle stanze della sede centrale del Partito comunista cecoslovacco, un processo che condusse alla separazione delle cariche fino ad allora accentrate nella persona di Novotný e alla conseguente nomina dello stesso Dubček alla carica di Primo segretario del Pcc. Proprio da qui, da questo 5 gennaio 1968, si fa iniziare per convenzione la “Primavera di Praga”.
L.C.
Stefano Benni (1947-2025).
Fonte della foto: https://lucysullacultura.com/la-letteratura-e-come-i-sogni-abolisce-le-gerarchie-unintervista-inedita-a-stefano-benni/
di Graziano Graziani
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Letteratura, sogni, sacchi a pelo e rivoluzioni. Ma anche lupi e gatti, erotismo e immaginazione. E minoranze. A cui bisogna credere sempre, soprattutto se si è scrittori. Perché “leggere è un atto di minoranza”.
I volantini preparati e distribuiti dal Collettivo studenti di sinistra della Facoltà di Lettere e Filosofia per annunciare l’assemblea di Ateneo per il 18 gennaio 1990 in piazza Brunelleschi, sede centrale di Lettere.
(Fonte: Fondo Bartalucci).
Donald Trump e Charlie Kirk.
Fonte della foto: https://www.lavoz.com.ar/ciudadanos/quien-fue-charlie-kirk-el-influencer-favorito-de-trump-que-recibio-un-disparo-en-utah/
«Si può fare tutta la dietrologia che si vuole sulle motivazioni e sulla possibile identità del killer, ma questo dato deve rimanere bene impresso: al di là del resto, la cultura delle armi – problema tanto in USA quanto in Israele, vedi il caso – e soprattutto il secondo emendamento è una roba primitiva, pre-civile, incompatibile con qualunque desiderio o pretesa di essere “leader” di alcunché, eccetto la pura barbarie».
Dossier La “Primavera di Praga”
di Donatella Sasso
Dall’intervento dei cinque Paesi del Patto di Varsavia nell’agosto 1968 fino al suicidio eclatante di Jan Palach in piazza Venceslao nel gennaio 1969 e all’inizio di un difficile periodo di “normalizzazione”.
Una delle numerose manifestazioni di quest’anno contro il presidente argentino Javier Milei e le sue politiche ultraliberiste.
Dal sito dell’«Azione Cattolica»
di Giovanni Pio Marenna
Tagli massicci alla spesa pubblica (benedetti non per caso dal Fondo Monetario Internazionale) e metà del Paese sotto la soglia di povertà.
Un appello del Frente de Izquierda (Fronte di Sinistra)
Soldati della "San Marco" della Repubblica Sociale Italiana, ispezionati dal generale tedesco Kurt Mälzer a Roma nel marzo 1944.
Autore della foto: Bundesarchiv, Bild 101I-311-0926-07 / Fraß / CC-BY-SA 3.0.
Fonte della foto: https://it.wikipedia.org/wiki/Esercito_Nazionale_Repubblicano#/media/File:Bundesarchiv_Bild_101I-311-0926-07,_Italien,_italienische_Soldaten.jpg
di Stefano Gallerini
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Stefano Gallerini, con Una lotta peggiore di una guerra. Storia dell’esercito della Repubblica Sociale Italiana (Bologna, Il Mulino, 2025, pp. 296), offre un significativo contributo alla comprensione della fase più drammatica della storia del Novecento in Italia: l’occupazione tedesca, la nascita della Repubblica Sociale Italiana e la guerra civile che si scatenò dopo l’8 settembre 1943. Questa data segna una profonda cesura nella storia del nostro paese. Dopo l’implosione del regime fascista, il crollo delle istituzioni dello stato costrinse gli italiani ad assumersi ciascuno le proprie responsabilità. Alcuni fecero la scelta di combattere le forze armate tedesche e il regime collaborazionista di Salò, dando vita al fenomeno della Resistenza. Altri decisero di restare alla finestra in attesa degli sviluppi della situazione.
Il libro di Gallerini esplora il tentativo di ricostruire un esercito tra coloro che rimasero fedeli a Mussolini. Attraverso una rilettura della storia dell’esercito di Salò, dalla sua formazione alla sua sconfitta, si mettono in luce le contraddizioni di una società travolta dalla crisi degli anni 1943-1945 e si analizzano le basi del consenso minoritario di cui gode nella società civile il fascismo repubblicano e il suo ricorso sistematico alla violenza, contribuendo ad una comprensione più articolata e documentata di un periodo cruciale nella storia dell’Italia contemporanea.
Per gentile concessione dell’autore, proponiamo dal volume le Conclusioni, in cui si traccia un bilancio della breve storia di quell’esercito su cui finora non si era indagato così a fondo.
Dal giornale «il Fatto Quotidiano»
Tommaso Rodano intervista Luciano Canfora
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“I valori occidentali? È solo retorica e propaganda”. “La Cina è un fattore di equilibrio, il pericolo è altrove”.
Dal giornale «il Fatto Quotidiano»
di Jeffrey D. Sachs
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Lettera al ministro Sa’ar. «Da ebreo americano non posso tollerare ciò che la nazione di Israele sta facendo, tra omicidi di massa e carestia. Attenti: la vostra posizione estremista è sostenuta (a ora) solo dagli Usa».
Dal sito «bocchescucite.it»
La redazione di Bocche Scucite ha tradotto integralmente in italiano il nuovo rapporto di Francesca Albanese, la Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967, dal titolo Dall’economia di occupazione all’economia del genocidio
Clicca qui per scaricare il rapporto dal sito «bocchescucite.it»
Omaggio a Aldo Zanardo
di Aldo Zanardo
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«Il 28 agosto 2025 è scomparso Aldo Zanardo, in punta di piedi come nel suo stile. Ho collaborato strettamente con lui quando era direttore di “Critica Marxista”, dal 1985 al 1991. Ho imparato molto da lui, da ogni punto di vista. Studioso rigoroso, curatore di opere filosofiche di Marx, ancora impegnato negli ultimi anni nell'ambito della Edizione nazionale delle opere di Antonio Labriola. Ci sarà modo di tornare sulla sua figura di studioso. Ora piango soprattutto l'uomo schivo, onesto in ogni senso. Guido Liguori» (tratto dalla pagina Facebook di Guido Liguori).
Come spaziocollettivo.org vogliamo rendere omaggio al professor Zanardo riprendendo un suo articolo comparso nel 1967 su «l’Unità» dedicato all’analisi della fondamentale opera del filosofo Herbert Marcuse L’uomo a una dimensione, opera tradotta in italiano proprio in quell’anno.
A cinquecento anni dalla morte per decapitazione, Thomas Müntzer riappare come una figura profetica della rivoluzione sociale, come leader di una rivolta contadina che, molto prima del socialismo moderno, già chiedeva l’abolizione dei privilegi, la proprietà collettiva della terra e la giustizia degli oppressi contro i potenti.
Pavel Kohout (n. 1928).
Autore della foto: Oldřich Škácha.
Fonte della foto: https://oldrichskacha.cz/galerie-osobnosti/en/0107/pavel-kohout
Dossier La “Primavera di Praga”
di Pavel Kohout
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Al tempo del Congresso dell’Unione degli scrittori cecoslovacchi (1967) era in discussione una nuova legge sulla stampa, che inaspriva il controllo della censura. Lo scrittore Pavel Kohout basò tutto il suo intervento sul fondamentale principio della libertà d’espressione, sancito peraltro dalla Costituzione, riportando davanti all’assemblea esempi di come le autorità trovassero tutti i modi per ostacolarla.
A chiusura del suo discorso Kohout rivendicava alla Cecoslovacchia una via originale nella costruzione del socialismo: «Prodotto della rivoluzione dovrebbe essere l’uomo libero. Naturalmente è più difficile governare degli uomini liberi e proprio per questo neppure il socialismo ha saputo evitare dei periodi in cui si sono avuti dei dittatori divinizzati. Ma esso è l’unica organizzazione sociale che sia in grado di liberarsi di tali limiti attraverso un processo di autopurificazione, restando fedele all’essenza del suo ideale, altrimenti cesserebbe di essere socialismo. […] L’esperienza storica si è incaricata di mettere l’accento sulla dialettica del marxismo. Oggi sappiamo che non soltanto possono, ma debbono esistere particolari modi di andare verso il socialismo. La Cecoslovacchia, questa terra abitata da un popolo intelligente e attivo, ha oggi un’occasione unica – ma anche l’unica possibile – che la sua via al socialismo sia la via della libertà dello spirito».
André Breton (1896-1966).
Fonte della foto: https://www.treccani.it/enciclopedia/andre-breton/
Parigi: 90 anni fa il Congresso internazionale degli scrittori per la difesa della cultura
di Sandra Teroni
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Il capo indiscusso del movimento letterario e artistico dei surrealisti, André Breton, in rotta con il Partito Comunista Francese, avrebbe dovuto partecipare al Congresso internazionale degli scrittori per la difesa della cultura del 1935, ma alcune circostanze spiegate nel breve saggio di Sandra Teroni fecero sì che il suo intervento venisse letto di fronte alla platea a maggioranza comunista e pro-sovietica dal suo compagno Paul Éluard. Pur non sfoggiando in tale occasione la consueta incisività, le parole di Breton riuscirono comunque a scuotere il Congresso e a suscitare polemiche e scontri verbali.
I 10 più recenti testi originali scritti per spaziocollettivo.org:
Letizia Lusini, La parola “GUERRA” 🔴 >>> Vai al racconto >>>
Marco Bartalucci, Germania, qualcosa si muove? 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Antonella Sarti, C’è un club a Wellington… il Club Garibaldi. Il motto è: “Fratellanza, Educazione, Lavoro” 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Stefano Gallerini, Marx nell’Antropocene: anacronismo o attualità? 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Paolo Mencarelli, Per Valerio Strinati 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Paolo Mencarelli, Il comandante “Gracco”, avvocato militante 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Azzurra Falciani, Un festival in fabbrica: la convergenza passa anche dalle pagine dei libri 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Paolo Mencarelli, Recensione del volume: Benedetta Tobagi, Le stragi sono tutte un mistero 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Barbara Cipriani, Diario di una squaw, distopico, ma ci siamo quasi 🔴 >>> Vai al racconto >>>
Stefano Gallerini, Sinistra di classe o sinistra di élite? 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
«La filosofia di Marx ha un obiettivo molto concreto: cambiare il mondo».
Il professor Juan Manuel Aragüés, dell’Università spagnola di Saragozza, in questo saggio divulgativo si sofferma sul fondamentale contributo fornito dal pensiero di Karl Marx all’affermazione del materialismo in filosofia.
di Pier Paolo Pasolini
Non necessariamente per “viaggio” si deve intendere uno spostamento in un luogo lontano da dove abitualmente si vive. A volte un viaggio vero e proprio, con tanto di scoperte, di emozioni, di fatica e di dolore, lo si può effettuare anche solo svoltando l’angolo del proprio isolato, uscendo dal proprio quartiere…
È quello che si può dire di questo viaggio di Pier Paolo Pasolini nelle periferie romane, disseminate di alloggi popolari e baraccopoli, di miseria, malattie, analfabetismo, immondizia, violenza… Per lo scrittore-regista si trattò, in quel 1958, di esplorare le borgate che sarebbero in parte servite per ambientare le narrazioni dei suoi romanzi Ragazzi di vita e Una vita violenta o per le riprese di Accattone e Mamma Roma…
Per la rivista popolare del PCI «Vie Nuove» Pasolini compose un reportage in tre puntate dai titoli più che significativi, che non lasciavano spazio a illusioni:
Dal programma «In onda®» de La7®
Luca Telese e Marianna Aprile conducono un’intervista a tutto campo a Luciana Castellina, storica dirigente comunista, che ha attraversato la storia del PCI, del «manifesto», del PDUP, di Rifondazione Comunista. Un dialogo che intreccia i fili del passato a quelli del nostro tragico presente di guerre e genocidi.
Mosca, Cremlino, 5 ottobre 1920. V.I. Lenin rilascia un’intervista allo scrittore britannico H.G. Wells.
Fonte della foto: https://thesanghakommune.org/2021/09/11/when-hg-wells-visited-czarist-russia-1914-and-the-ussr-1920-1934-russian-language-sources/
Lo scrittore progressista britannico H.G. Wells (1866-1946) fu uno dei pochi occidentali ad intervistare Lenin dopo la Rivoluzione. Inviato dal «The Sunday Times», riuscì nell’impresa grazie all’amico Maksim Gor'kij. Dal suo viaggio nella Russia sovietica venne fuori nel 1921 un libro, Russia in the Shadows (Russia nell’ombra), da cui traiamo il brano che segue.
Ludvík Vaculík (1926-2015).
Dossier La “Primavera di Praga”
Un intervento dirompente al Congresso degli scrittori
di Ludvík Vaculík
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Uno fra gli interventi che più destarono scandalo al IV Congresso dell’Unione degli scrittori cecoslovacchi fu quello dello scrittore e giornalista Ludvík Vaculík, membro del Partito Comunista, che denunciò il carattere meschino e antidemocratico degli organismi dirigenti della Repubblica Socialista Cecoslovacca.
Dalla rivista «Quaderni Piacentini» – 1966
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«L’unica caratteristica, forse, comune a tutto l’odierno marxismo occidentale (con rarissime eccezioni) è la preoccupazione di difendersi dall’accusa di materialismo. Marxisti gramsciani e togliattiani, marxisti hegeliano-esistenzialisti, marxisti neopositivisteggianti, freudianeggianti, strutturaleggianti, pur nei profondi dissensi che li dividono, sono concordi nel respingere ogni sospetto di collusione col materialismo volgare o meccanico; e lo fanno con tale zelo, da buttar via, insieme alla volgarità o meccanicità, il materialismo tout court».
In questo importante saggio pubblicato sul numero 28 dei «Quaderni Piacentini» Sebastiano Timpanaro cercò di arginare le derive idealistiche che stava prendendo l’elaborazione teorica del marxismo italiano e di riposizionarla sui binari del materialismo tracciato a suo tempo da Engels, Lenin, Labriola.
L’intervento del rappresentante della segreteria del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Marwan Abdel-Al, sul quotidiano comunista francese «l’Humanité».
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Il gruppo di partiti di destra del Parlamento Europeo “Patrioti per l’Europa” (“Patriots for Europe”, di cui fanno parte Salvini, Orbán, Le Pen, ecc.) ha stretto un’inedita alleanza con il Likud, partito del premier israeliano Benjamin Netanyahu, impegnato nello sterminio della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza e nell’allargamento degli insediamenti illegali ebraici in Cisgiordania.
L’alleanza tra le destre europee (tradizionalmente antisemite) e le destre israeliane è spiegabile solo alla luce dell’islamofobia montante e del contrasto all’immigrazione dai Paesi musulmani.
Monika Ertl (1937-1973).
Fonte della foto: https://www.lordinenuovo.it/2020/05/13/monika-ertl-la-figlia-del-nazista-che-vendico-che-guevara/
L’incredibile vita di Monika Ertl. Tre colpi di pistola ad Amburgo freddano uno dei giustizieri del Che. A sparare quei colpi (con la pistola di Feltrinelli) è la figlia di un cineasta filo-nazista, lei invece cacciatrice di nazisti, rivoluzionaria, nome di battaglia “Imilla”.
La morte di Ernesto Che Guevara.
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Due interventi interessanti
A LIBERAFESTA 2025, festa dei circoli dell’Amiata del Partito della Rifondazione Comunista, a Santa Fiora (GR), giornata dedicata alla Palestina. L’analisi del segretario del PRC Maurizio Acerbo e l’intervento appassionato e dirompente di Moni Ovadia.
È davvero meritoria la scelta della casa editrice pistoiese Petite Plaisance di riproporre il saggio di Costanzo Preve La passione durevole, uscito la prima volta nel 1989, subito dopo la caduta del Muro di Berlino. In esso il filosofo marxista e lukacsiano affrontava il discorso sulle nuove prospettive che si potevano aprire – ora che il socialismo burocratizzato era imploso – per la ricerca di un comunismo libertario e solidale.
La cura della riedizione del volume è di Salvatore Bravo, autore di numerosi saggi e studi filosofici.
Praga, veduta sui tetti della Citta Vecchia.
Autore della foto: Karel Plicka.
Fonte della foto: https://www.ifotovideo.cz/rubriky/co-se-deje/karel-plicka-renesancni-clovek-a-mistrovsky-fotograf_13430_fotogalerie.html?fotoIndex=2
«La stagione dei viaggi di Alberto Moravia (1907-1990) comincia al termine di una malattia giovanile, che lo costringe a letto per diversi anni. Uomo, scrittore, reporter, compagno di strade e avventure, Moravia manifesta da subito un desiderio dell’altrove che lo porta a percorrere instancabilmente territori vicini e lontani.
In lui, un certo sentimento per l’esotico si accompagna alla necessità di scoperta e testimonianza, alla ricerca di orizzonti più ampi, di sogni, storie e libertà. Nei suoi libri e contributi per i giornali, mutano i luoghi e le genti ma l’interesse per le cose del mondo si mantiene costante. Ancora oggi le sue osservazioni ci restituiscono una visione culturale, politica, antropologica, storica, ambientale fortemente attuale e illuminata» (tratto da: https://www.casaalbertomoravia.it/it/mostra-evento/il-desiderio-dellaltrove-moravia-viaggiatore).
Nel 1931 Praga era sicuramente una meta da considerare “esotica” e in un certo senso “di confine” tra Est e Ovest, non pulita e scintillante come appare oggi ai milioni di visitatori che la “invadono” ogni anno. In questo resoconto di viaggio per la «Gazzetta del popolo» il giovane scrittore trasmette al lettore le atmosfere tetre e i segni della malinconia che caratterizzavano una capitale europea ancora avvolta nel mistero.
Alberto Moravia (1907-1990).
Dal settimanale «Alias»
Post-Jugoslavia
di Tommaso di Francesco
La più vasta operazione di pulizia etnica, a danno dei serbi, di tutto il periodo bellico in ex Jugoslavia: l’operazione Tempesta, nella Krajina. Sono passati trent’anni.
Praga, 27-29 giugno 1967. IV Congresso dell’Unione degli scrittori cecoslovacchi. Ludvík Vaculik, Milan Kundera, Ivan Klíma.
Autore della foto: Libor Hajský, ČTK
Fonte della foto: https://www.ludvikvaculik.cz/tvorba/iv-sjezd-svazu-ceskoslovenskych-spisovatelu-protokol-praha-27-29-cervna-1967
Dossier La “Primavera di Praga”
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Si tratta di un avvenimento importante, che viene considerato come l’atto iniziale della cosiddetta “Primavera di Praga”.
I rapporti tra il potere comunista e gli scrittori cecoslovacchi si acuirono rapidamente alla fine degli anni '60. A ciò contribuì, tra l'altro, la posizione ufficiale della Cecoslovacchia sul conflitto arabo-israeliano (la "Guerra dei sei giorni"; la Cecoslovacchia si schierò con gli arabi contro Israele), contro la quale protestarono gli scrittori Arnošt Lustig e Jan Procházka. La riunione del gruppo di partito dell'Unione degli Scrittori Cecoslovacchi evidenziò già forti opinioni antagoniste tra gli scrittori iscritti al partito e i rappresentanti del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cecoslovacchia.
La sessione del congresso fu aperta il 27 giugno 1967 da Milan Kundera, il cui intervento, che rifletteva sul significato della cultura di una piccola nazione, fu in seguito valutato dagli ideologi del partito come fonte di ispirazione per ulteriori discorsi critici. Le tensioni raggiunsero l'apice quando Pavel Kohout lesse una lettera dello scrittore sovietico Aleksandr Solženicyn, che la dirigenza comunista voleva nascondere alla base dell'Unione. Il segretario del partito, Jiří Hendrych, non riuscì a gestire la situazione e abbandonò la riunione.
Anche il secondo giorno di riunione fu ricco di discorsi critici. Il contributo di Ludvík Vaculík fu particolarmente acuto, evidenziando le contraddizioni tra la Costituzione e l'operato degli organi del partito. Allo stesso tempo, espresse dubbi sul possibile ulteriore sviluppo positivo dell'attuale forma di socialismo; il suo discorso ricevette un fragoroso applauso.
La reazione delle autorità non si fece attendere: il settimanale «Literární noviny» fu ritirato dall'Unione degli scrittori cecoslovacchi e trasferito al Ministero della Cultura e dell'Informazione. Gli scrittori critici Ivan Klíma, A. J. Liehm e Ludvík Vaculík furono espulsi dal Partito Comunista Cecoslovacco. Pavel Kohout ricevette un rimprovero con ammonizione, Jan Procházka fu rimosso dal suo incarico di candidato al Comitato Centrale del Partito Comunista Cecoslovacco e fu aperta un'indagine disciplinare contro Milan Kundera. Tuttavia, i rappresentanti del partito in quel momento non avevano più la forza o il tempo per una persecuzione più dura.
(Da “Cronaca della nostra vita 1967”; Televisione Cecoslovacca).
Da «l’Unità» del 30 giugno 1967.
Dossier La “Primavera di Praga”
di Franco Bertone
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Con questo articolo il settimanale teorico del PCI «Rinascita» riportò i termini delle discussioni svoltesi al IV Congresso dell’Unione degli scrittori cecoslovacchi, tenutosi a Praga dal 27 al 29 giugno 1967. Sul durissimo scontro svoltosi al congresso inseriremo altri materiali di provenienza cecoslovacca.
Dal periodico «Giustizia e Libertà» (n. 28/1935)
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«Giustizia e Libertà» veniva pubblicato a Parigi parte in italiano, parte in francese. Sul n. 26 del 28 giugno 1935 fu riprodotto il discorso che l’antifascista italiano Gaetano Salvemini aveva pronunciato qualche giorno prima al Congresso internazionale degli scrittori, un discorso che suscitò molte polemiche e la protesta della delegazione di scrittori sovietici, viste le accuse di mancanza di libertà di espressione nella Russia sovietica in esso contenute.
Piero Sraffa (1898-1983).
Fonte della foto: https://www.treccani.it/enciclopedia/piero-sraffa_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/#google_vignette
di Guido Liguori
Un breve ricordo di uno dei maggiori economisti italiani, che fu amico intimo di Gramsci e sempre si considerò comunista, pur senza tessera.
Dossier La “Primavera di Praga”
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Gli avvenimenti cecoslovacchi di queste ultime settimane sono di grande rilevanza politica, e non soltanto per il paese che ne è il protagonista. L’attenzione di tutto il mondo si è concentrata sui mutamenti che sono in corso nel gruppo dirigente del partito comunista e dello Stato cecoslovacco come risultato di una lotta politica che ha investito tutto il paese, raggiungendo livelli molto alti e toni e momenti altrettanto tesi. Dalla fine dell’estate scorsa – quando si concluse il Congresso degli scrittori, che ha rappresentato uno dei punti di avvio della fase di lotta politica che è attualmente in corso – si sono avuti vari momenti caratterizzanti di questa decisiva congiuntura politica cecoslovacca: la lunga sessione del Comitato centrale del partito che si è prolungata nel corso di quasi quattro mesi (dall’ottobre ’67 allo scorso gennaio) e che si è conclusa con l’elezione del compagno Alexander Dubcek alla carica di primo segretario del partito, in sostituzione di Antonin Novotny; lo scontro che all’interno del gruppo dirigente e in tutto il paese si è avuto fra gli innovatori che lottavano per superare le deficienze gravi del passato e affermare i principi di un profondo rinnovamento politico e sociale del paese, sulla base dell’applicazione dei metodi nuovi della direzione dell’economia statale e sulla base di una più aperta e rigorosa osservanza delle norme democratiche nel governo del paese, così da assicurare la più vasta partecipazione delle masse alla gestione della società; e – infine – la resistenza che i settori più conservatori della società hanno opposto all’affermazione del nuovo gruppo dirigente e dei nuovi metodi di direzione politica della società e, soprattutto, alla sistematica ricerca di un nuovo e più avanzato rapporto fra democrazia e socialismo, che è oggi il tratto caratteristico dominante della situazione cecoslovacca. Tutti questi – che abbiamo voluto chiamare i momenti caratterizzanti della nuova situazione cecoslovacca – non si sono manifestati senza difficoltà. senza che «il nuovo» dovesse aprirsi – spesso faticosamente e talvolta anche in maniera drammatica – la strada per venire alla luce. La minaccia di una pressione militare che avrebbe dovuto esercitarsi contro il Comitato centrale del partito, la fuga negli Stati Uniti di un alto esponente militare, appartenente a quelle forze conservatrici che hanno resistito energicamente sulle loro vecchie posizioni in una battaglia di retroguardia che ha reso certamente più alto il prezzo pagato per il rinnovamento; tutto ciò ha ancora acuito l’interesse politico per avvenimenti di cui tutti hanno sentito l’importanza e la gravità.
Rinascita ha dedicato – dalla fine dell’estate ad oggi – numerosi articoli all’esame della situazione cecoslovaccа (п. 38, 40 е 47 del 1967 e n. 2, 5, 9, 10 e 11 del 1968). Gli avvenimenti cecoslovacchi rappresentano tuttavia non soltanto materia di rilevante interesse politico ma anche materia di una riflessione teorica e culturale destinata ad avere il più ampio sviluppo. Il dibattito che è ad esempio attualmente in corso a Praga sui rapporti fra il partito comunista e la società e sulla funzione dirigente del partito; le discussioni che si sono sviluppate sul ruolo e la posizione dei sindacati nel socialismo, sul ruolo e la funzione delle varie organizzazioni politiche e sociali che debbono fornire l’ossatura e i connotati del pluralismo della società socialista; la ricerca difficile di un nuovo rapporto fra politica e cultura e quella sui rapporti che l’applicazione della legge di riforma economica dovrà definire alla base dell’apparato produttivo: su queste questioni la riflessione – a cui Rinascita ha cercato sin qui di dare un primo contributo – è destinata a svilupparsi e la ricerca ad approfondirsi. Siamo perciò lieti di pubblicare qui due testi che riteniamo portino un contributo a questa discussione: uno è stato scritto espressamente per noi dal noto studioso di filosofia e saggista marxista austriaco Ernst Fischer e l’altro è il testo di un’intervista che il filosofo marxista ungherese György Lukács ha concesso in questi giorni alla rivista culturale praghese Kulturní Noviny.
Ernst Fischer (1899-1972).
Fonte della foto: https://it.wikiquote.org/wiki/Ernst_Fischer#/media/File:Ernst_Fischer_(1899%E2%80%931972)_1952_OeNB_653618.jpg
György Lukács (1885-1971).
Fonte della foto: https://gyorgylukacs.wordpress.com/wp-content/uploads/2014/06/balla-demeter-1931-lukc3a1cs-gyc3b6rgy-1971.jpg
Bologna, 2 agosto 2025. Un momento del discorso di Paolo Bolognesi.
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Riportiamo il testo integrale della comunicazione dell’Associazione familiari delle vittime della strage di Bologna letta il 2 agosto 2025 dal presidente Paolo Bolognesi. Un discorso forte, dirompente, che, oltre a ribadire la verità storica sulla matrice fascista della strage, non tace le complicità politiche di chi in questi anni e ancor oggi cerca di nascondere la realtà dei fatti o di minimizzare i depistaggi e le responsabilità politiche.
1° Maggio 1968.
Autore della foto: ČTK
Alexander Dubček di fronte ai lavoratori di una grande fabbrica.
Autore della foto: ČTK
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Spesso si parla della cosiddetta “Primavera di Praga” a partire dalla sua conclusione, cioè dall’estate 1968, da quel tragico 21 agosto in cui le truppe dell’Unione Sovietica e di altri quattro Paesi del Patto di Varsavia intervennero per “normalizzare” una situazione che essi ritenevano stesse per sfuggire al controllo del Partito Comunista Cecoslovacco.
Noi invece partiremo proprio dalla primavera del 1968 e anche, magari, dall’estate 1967, quando al IV Congresso dell’Unione degli scrittori cecoslovacchi si levarono le prime voci che chiedevano sostanziali riforme nella società cecoslovacca.
Presentiamo una ricostruzione storica di Donatella Sasso per la rivista online «East Journal» delle vicende che portarono nel 1968 alla nomina di Alexander Dubček a Primo segretario del Partito Comunista Cecoslovacco e all’avvio di una serie di riforme nella società della Repubblica Socialista Cecoslovacca. Negli strati intellettuali e in larghi settori della società si sentiva l’esigenza di un vero rinnovamento del sistema socialista dopo le rigidità imposte da una dirigenza del PCC che non aveva del tutto digerito gli esiti della destalinizzazione. Ci provarono i nuovi dirigenti comunisti cecoslovacchi con a capo Dubček, ma l’intervento militare di cinque Paesi del Patto di Varsavia stroncò quelle speranze di riformare il sistema senza tuttavia uscire dal socialismo, dalla proprietà collettiva dei principali mezzi produttivi.
L’esperienza della Primavera cecoslovacca fu seguita con grande interesse e partecipazione da tutta la comunità comunista del mondo. Anche insigni studiosi marxisti videro nell’esperimento praghese molte potenzialità per un rinnovamento globale del socialismo. I comunisti italiani stessi seguirono da vicino quegli eventi, fino alla decisa condanna dell’intervento armato. Dell’interesse del PCI per le riforme del sistema socialista promosse dal PCC di Dubček testimoniano anche le pagine del settimanale del PCI «Rinascita», che, per esempio, nel suo numero 13 del marzo 1968 pubblicò le opinioni di due grandi esponenti del marxismo europeo: l’austriaco Ernst Fischer e l’ungherese György Lukács. Riportiamo integralmente i loro interventi. Fischer scrisse appositamente per «Rinascita», mentre di Lukács il settimanale comunista riprodusse un’intervista rilasciata al settimanale cecoslovacco «Kulturní novyni» («Giornale culturale»).
Chi scrive questa breve introduzione al materiale che via via andrà accumulandosi sul sito non lo fa a cuor leggero: per me questa vicenda segna l’inizio della fine dell’esperienza del socialismo reale, esperienza che – pur da una certa distanza geografica – mi ha riguardato in prima persona per molti anni, avendo stretto rapporti amichevoli con persone impegnate sull’uno e sull’altro fronte, persone convinte sinceramente della giustezza delle proprie posizioni. Ma forse è più giusto che io dica che la vicenda cecoslovacca (e più in generale del socialismo reale) ancora mi riguarda. E ancora mi addolora.
Leandro Casini
di Donatella Sasso
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Come nacque e come si sviluppò quel processo politico e sociale che nel 1968 portò al potere in Cecoslovacchia Alexander Dubček e all’ordine del giorno della società tutta una serie di riforme volte a dare al socialismo un volto nuovo, più libero, democratico, partecipato.
Dalla rivista «Carmilla»
Sandro Moiso recensisce il volume
(Edizioni TABOR, Valsusa, 2025, pp. 72, 4 euro)
Viaggiatori in arrivo da Israele al porto cipriota di Limassol. 21 giugno 2025.
Autore della foto: AP Photo/Petros Karadjias.
fonte della foto: https://www.timesofisrael.com/cyprus-chabad-inundated-by-thousands-of-israelis-trying-to-find-way-home/
L’opposizione lancia l’allarme sugli insediamenti israeliani in crescita sull’isola di Cipro. “Ci stanno portando via il nostro paese”.
Dal 2021, investitori israeliani hanno acquisito quasi 4.000 proprietà a Cipro, molte poi trasformate in comunità chiuse pressoché inaccessibili. L’opposizione ha denunciato la creazione di enclavi. Non sono mancate le critiche di antisemitismo.
«Torno sull'accordo tra Ue e Stati Uniti perché mi sembra surreale il modo in cui viene valutato. Mi spiego meglio. La presidente Von der Leyen ha elogiato tale accordo perché garantisce stabilità e certezza. Non sono parole casuali. Il problema vero infatti non è costituito solo dalla pesantezza dell'accordo, ma dalla chiara dipendenza dell'Europa dagli Stati Uniti, tanto marcata che senza quella dipendenza non è possibile per l'Europa alcuna stabilità e alcuna certezza […]».
di Mario Capanna
«Questo Paese esiste come il compimento della promessa fatta da Dio stesso.
Sarebbe ridicolo chiedere conto della sua legittimità».
(Golda Meir, Primo ministro di Israele dal 1969 al 1974)
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«Israele non ha una Costituzione. A cavallo del 1948 ci fu un dibattito circa la necessità o meno che il nuovo Stato se ne dotasse. La conclusione fu che non era utile, bastando, per regolare la società e le istituzioni, i precetti contenuti nella Torah (i primi cinque libri del vecchio testamento biblico, chiamati Pentateuco dai cristiani).
In quei testi Dio definisce gli ebrei “un popolo consacrato al Signore, Iddio tuo, che ti ha scelto, affinché sia il suo popolo speciale fra tutti i popoli della terra” (Deuteronomio, 7,6); poi ingiunge: “Distruggi tutti i popoli che il Signore, Iddio tuo, mette in tua balìa, non si impietosisca l’occhio tuo su di loro” (ibidem, 7,16); già prima Dio aveva indicato la “terra che io vi darò in possesso ereditario” (Esodo, 6,8).
Se per delle menti razionali queste sono favolette, per i coloni fascisti, che massacrano i palestinesi e li cacciano dalle loro terre – protetti dai soldati, gli uni e gli altri autorizzati dal governo e dallo Stato israeliano – sono invece precetti divini […]».
«L’Occidente è un concetto strano, recente e spurio.
Con “Occidente” si intende in effetti una configurazione culturale che emerge con l’unificazione mondiale dell’Europa politica e di quello che dal 1931 prenderà il nome di “Commonwealth” (parte dell’impero britannico).
Questa configurazione raggiunge la sua unità all’insegna del capitalismo finanziario, a partire dal suo emergere egemonico negli ultimi decenni del ’900.
L’Occidente non c’entra nulla con l’Europa culturale, le cui radici sono greco-latine e cristiane.
L’Occidente è la realizzazione di una politica di potenza economico-militare, che nasce nell’Età degli Imperi, che sfocia nelle due guerre mondiali e che riprende il governo del mondo verso la metà degli anni ’70 del ’900.
Purtroppo anche in Europa l’idea che “siamo Occidente” è passata, divenendo parte del senso comune […]».
«Negli ultimi anni, da quando la guerra in Ucraina è diventata la nuova religione civile dell’Occidente e quella in Palestina il suo tabù più scomodo, abbiamo imparato che in Italia si può dire tutto, c’è libertà d’espressione purché sia espressione di consenso. La libertà insomma è libera di chiuderti la bocca, gettandoti in una centrifuga di parole tranello, che mescola e fonde giudizi e pregiudizi, da cui esci putiniano antisemita filohamas complottista. Così, tutto d’un fiato […]».
Milano.
Autore della foto: Massimo Ripani.
Fonte della foto: https://101-zone.com/2023/07/25/skyline-di-milano/
Dalla rivista «Altreconomia»
di Paolo Pileri
Ciò che sta accadendo a Milano, al di là di come andranno le inchieste, ha ferito a morte la politica, ridotta a mestiere prettamente gestionale, di regolazione di affari, scambi, convenienze, attrattività. Urge un dibattito tutto nuovo sulla questione morale che oggi è inevitabilmente legata a quella ecologica. Ma questa visione è del tutto assente nel discorso “velocità” e “verticalità” del sindaco. >>> Vai all’articolo >>>
Dal giornale «il Fatto Quotidiano»
di Alessandro Robecchi
Il commento dello scrittore milanese Alessandro Robecchi sulle vicende giudiziarie che si sono abbattute sulla Giunta milanese e sul riemergere della questione morale che investe la “sinistra” (cioè, si fa per dire). >>> Vai all’articolo >>>
Una seduta del Congresso degli scrittori di Parigi.
Da sinistra: Louis Aragon, André Gide, André Malraux.
Seduti al tavolo: Henri Barbusse (primo da sinistra), Aleksej Tolstoj (secondo), Boris Pasternak (quarto, in primo piano).
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Il fascismo dominava da più di dieci anni in Italia, Adolf Hitler da un paio d’anni aveva preso il potere in Germania, l’Europa sentiva spirare già venti di guerra, e in Spagna già si preparavano le armi per la guerra civile, prova generale per la micidiale Seconda guerra mondiale. Il confronto si polarizzava tra destra e sinistra, e in Francia un gruppo di scrittori e intellettuali vicini al Partito comunista chiamò a raccolta esponenti della letteratura e della cultura mondiale di orientamento democratico e progressista per organizzare il fronte della cultura contro il fascismo dilagante. Tra gli organizzatori del congresso vi furono Henri Barbusse, Paul Nizan, André Malraux, Louis Aragon, André Gide, il sovietico Il’ja Ehrenburg, il tedesco Johannes R. Becher e altri.
Parteciparono 320 scrittori da 38 paesi. Oltre ai padroni di casa francesi, spiccavano le delegazioni degli scrittori tedeschi (Bertolt Brecht, Heinrich Mann, Anna Seghers, Max Brod, Klaus Mann e altri) e sovietici (Boris Pasternak, Aleksej Tolstoj, Nikolaj Tichonov, Isaak Babel’ e altri).
Non mancarono durante le sedute pomeridiane e serali (che si concludevano a tarda notte ed erano seguite tramite altoparlanti da migliaia di parigini fuori dalla sala della Mutualité) forti polemiche sulle repressioni staliniste contro alcuni scrittori e sulla libertà di creazione in Unione Sovietica (uno su tutti, l’intervento di Gaetano Salvemini), scontri tra fazioni interne al movimento comunista (André Breton, trotskista, leader del movimento surrealista, attaccò duramente lo stalinismo), dissensi sugli orientamenti che avrebbe dovuto assumere la letteratura progressista (realismo socialista sì o no).
L’importanza storica e culturale del Congresso degli scrittori va al di là dell’evento in sé. Si trattò della dimostrazione che il mondo della cultura, sentitosi minacciato dal fascismo in ascesa, poteva riuscire a costituire un fronte unito al di là di oggettive differenze ideali per affermare il ruolo degli intellettuali nella società come possibili avanguardie nella lotta per l’affermazione dei principi di libertà e democrazia.
Si cerca, da parte di alcuni critici, di sminuire il ruolo storico di questo Congresso in quanto l’egemonia in esso era rappresentata chiaramente da intellettuali appartenenti ai partiti comunisti o da “compagni di strada” del comunismo europeo e sovietico in particolare. È vero, l’egemonia comunista c’era, ma va detto che ciò rispecchiava appieno la situazione politico-culturale negli anni Trenta, visto che allora proprio i comunisti (spesso in esilio, come i tedeschi e gli italiani) e l’Internazionale comunista rappresentavano l’avanguardia nella lotta contro il fascismo in ascesa: lo si sarebbe visto di lì a poco nella guerra civile spagnola, lo si sarebbe visto nei movimenti di resistenza francese, italiano, tedesco, greco, jugoslavo, cecoslovacco, bulgaro, austriaco, ecc., che videro sempre i comunisti in prima fila e ai vertici nelle brigate partigiane e nei gruppi di combattimento antifascisti.
Leandro Casini
Dalla rivista «Quaderni Rossi» (1963)
di Franco Fortini
Franco Fortini introduce e commenta il discorso di Bertolt Brecht al 1° Congresso internazionale degli scrittori per la difesa della cultura tenutosi a Parigi nel giugno 1935. >>> Vai all’articolo >>>
(Milano, Pgreco, 2024)
Prefazione di Saverio Vertone
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Nel maggio 1963, in occasione dell’ottantesimo anniversario della nascita di Franz Kafka (1883-1924), l’Accademia delle scienze cecoslovacca dedicò allo scrittore praghese un convegno che riunì germanisti, critici letterari, scrittori e intellettuali dei paesi del campo socialista e non solo.
Il fatto stesso che un’istituzione del genere promuovesse un convegno su Kafka era di per sé rivoluzionario, se si pensa che fino alla svolta del 1956 impressa dal XX Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica l’autore praghese era stato ostracizzato in quanto considerato espressione del decadentismo borghese, e quindi non utile alla causa della costruzione del socialismo in Cecoslovacchia (stando all’elenco delle edizioni delle opere di Kafka presente sulla versione ceca di Wikipedia, dopo la rivoluzione comunista del 1948 la prima opera di Kafka ripubblicata in Cecoslovacchia fu Il processo nel 1958, e poi America nel 1962, La metamorfosi nel 1963, e così via; prima si potevano trovare le precedenti edizioni delle sue opere nelle librerie dell’usato e nelle biblioteche).
Già durante il convegno emersero polemiche e differenze di approccio e di interpretazione dell’opera di Kafka tra marxisti di varia provenienza e di varia estrazione, tra “ortodossi” e “innovatori”; ma anche dopo non mancarono echi polemici alla “riabilitazione” dell’autore del Processo e del Castello e ai tentativi di farlo rientrare in qualche modo nella tradizione della letteratura realista, tradizione più accettabile per una parte importante dell’estetica marxista.
In Italia gli atti del convegno furono pubblicati nel 1966 da De Donato, e oggi le Edizioni Pgreco hanno il merito di riproporre questo libro che mantiene integra la sua importanza e il suo interesse per chi – come noi – si occupa di letteratura e di arte partendo da determinate posizioni politiche e ideali.
Dopo la Prefazione che riprendiamo oggi, riproporremo su spaziocollettivo.org un paio di interventi al convegno che reputiamo più significativi, così come pubblicheremo articoli che su quell’evento comparvero a suo tempo su varie riviste europee.
Leandro Casini
Dalla rivista online «L’ospite ingrato»
Isabella Adinolfi recensisce il volume
a cura di Caterina Zamboni Russia
(Rimini, NdA Press, 2025)
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È uscito di recente, per NdA Press, nella collana «Biblioteca del pensiero rivoluzionario», il volume: Rosa Luxemburg, Nuvole, uccelli e lacrime umane. Lettere su natura e rivoluzione, a cura di Caterina Zamboni Russia. Come suggerisce il titolo, il libro raccoglie una selezione di lettere della filosofa e politica ebreo-polacca, scelte al fine di far emergere un ritratto vivido del suo profondo amore per tutte le creature.
1995: colonna di profughi in fuga dalla Krajna, riconquistata dall’esercito croato nell’operazione “Oluja” (Tempesta).
Autore della foto: Reuters/Ranko Cuković
Fonte della foto: https://bosnainfo.ba/27-godina-od-oluje-u-srbiji-pomen-u-hrvatskoj-praznik/
Dal settimanale «Alias»
Post-Jugoslavia
di Tommaso di Francesco
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La frantumazione, la distruzione omicida realizzata dai riconoscimenti europei delle indipendenze autoproclamate su base etnica, per Slovenia e Croazia senza curarsi di che cosa sarebbe accaduto in Bosnia Erzegovina che rappresentava in piccolo l’intero mosaico di nazionalità, lingue e religioni della Federazione jugoslava: insieme all’annientamento suicida, dei risorti nazionalismi l’un contro l’altro armati per realizzare l’egemonia di una «Grande Serbia», Grande Croazia, Grande Slovenia, Grande Bosnia, Grande Macedonia, Grande Albania, con guerre fratricide etnico-religiose in nome del predominio nazionalista, – quello che lo scrittore Danilo Kis chiamava «follia» – non sono state, né purtroppo sono, solo racconto storico, geopolitica degli imperi, epica letteraria o storie di paci di carta. Hanno attraversato come un fuoco le persone, gli esseri umani e la vita dei singoli. Come quella del soldato Aljia, che ho avuto il doloroso privilegio di conoscere. (t.d.f.)
Goffredo Fofi.
Autore della foto: Vincenzo Cottinelli.
Fonte della foto: https://ilmanifesto.it/quella-vana-e-pero-instancabile-ricerca-della-verita-delle-cose
Muore a 88 anni l’intellettuale Goffredo Fofi, grande animatore dei dibattiti culturali italiani, fondatore di numerose riviste, tra cui «Quaderni Piacentini» e «Linea d’ombra».
di Werner Pescosta
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Dislocati in cinque valli attorno al gruppo dolomitico del Sella, divisi tra Alto Adige, Trentino e Veneto, schiacciati tra tedeschi e italiani, i Ladini devono lottare da secoli per tenere vive la propria lingua e la propria cultura.
Il periodo più difficile fu naturalmente il Ventennio fascista, che considerò questo popolo una «macchia grigia» da cancellare.
Il 18 aprile 1925 nasceva Marisa Musu. Crediamo che mai come oggi – quando la memoria dei partigiani viene attaccata dal governo di destra e dalle istituzioni nate dalla Resistenz – Marisa vada ricordata.
Presentiamo due articoli: il primo è della responsabile Cultura di Rifondazione Comunista, partito che quest’anno ha dedicato proprio a Marisa Musu la tessera; il secondo è il ricordo che al momento della scomparsa di Marisa, nel 2002, ne tracciò il compianto Sandro Curzi.
Sofia (Bulgaria), il complesso monumentale dedicato all’Armata Rossa liberatrice, oggi (sotto) in fase di smontaggio.
Sopra, foto di Didi Lavchieva (fonte istockphoto.com).
Sotto, immagine ripresa da Google streetview datata settembre 2024.
di Laura Salmon
«Oggi, mentre scrivo queste pagine, i grandi e i piccoli monumenti che i sopravvissuti hanno eretto al sacrificio sovietico vengono abbattuti dalle ruspe dell’Unione Europea. Sento a distanza, nel mio cervello, il rumore di quelle ruspe, provo un dolore fisico. Lotto per salvare nella mia mente, una per una, le immagini di quegli omaggi alla Memoria, cui qui quasi tutti si fingono ancora devoti».
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Europa Europa…
di Laura Salmon
Il popolo sovietico, che ha sconfitto Hitler e salvato l’Europa dal nazismo, ha lasciato quasi ovunque – disseminati negli sconfinati luoghi della tragedia bellica – gli emblemi della sua gratitudine ai milioni di soldati e civili sovietici che hanno pagato con la vita perché tutti noi, in ogni luogo della martoriata Europa, avessimo un futuro senza Übermenschen e Untermenschen.
Oggi, mentre scrivo queste pagine, i grandi e i piccoli monumenti che i sopravvissuti hanno eretto al sacrificio sovietico vengono abbattuti dalle ruspe dell’Unione Europea. Sento a distanza, nel mio cervello, il rumore di quelle ruspe, provo un dolore fisico. Lotto per salvare nella mia mente, una per una, le immagini di quegli omaggi alla Memoria, cui qui quasi tutti si fingono ancora devoti.
Immense distese di fiori sono state deposte da nipoti e pronipoti, tra lacrime composte, sulle lugubri fosse lasciate dai monumenti abbattuti. Quei fiori non solo rinnovano la gratitudine dei russi ai loro morti, ma celebrano al tempo stesso il lutto per quest’Europa che un tempo ha assassinato e oggi intimamente ferisce milioni di esseri umani, di famiglie, di figli e discendenti. Quei fiori infiniti sono un pianto di colori, silente e assordante, dinanzi al risveglio dell’oscura anima europea che, cinica come un tempo, ma ben più ipocrita, manda anche le ruspe della nettezza urbana a rimuovere i fiori della Memoria. Quell’oscura anima europea, a distanza di ottant’anni, ci dice che anche noi, come i nostri nonni, coi loro stessi immutabili valori di gratitudine e speranza, siamo spazzatura.
Triturare i fiori russi non è solo un burocratico omaggio all’odio, ma piuttosto un rituale eloquente del vivido rancore dei vinti.
Shemà Israel!
Nervi, luglio 2022
Laura Salmon
(Tratto da: Laura Salmon, C’era una volta l’URSS. Storia di un amore, Sandro Teti Editore, 2024, p. 9).
Inserito l’08/07/2025.