Materiali per una rivoluzione culturale
«Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia».
don Lorenzo Milani
«Nel cuore dell’Europa si sta consumando un passaggio epocale che rischia di travolgere anche la stessa narrativa mainstream sul progetto europeo. Narrativa che, dal dopoguerra ad oggi, ha sempre “venduto” il “prodotto unità europea” come l’unico capace di garantire la pace e la prosperità per chi ne faceva parte. […] Passaggio epocale rappresentato dal massiccio piano di riarmo già annunciato e ardentemente promosso da alcuni Paesi europei, nonché appunto dalla stessa Commissione. Piano che segue comunque un riarmo “fuori scala” già abbondantemente iniziato almeno dal 2022».
«Il piano non è una cosa meccanica che si crea per elucubrazione di laboratorio, una cosa semimetafisica, che poi si trasmette verso il basso. Il piano è una cosa viva, che è fondamentalmente destinata a trarre dal paese le riserve finora sopite, e a metterle al servizio della produzione. A questo scopo va destato quel grande fattore di produzione che è il popolo, ossia il popolo deve sapere che cosa vogliamo, discutere ciò che vogliamo caso per caso, presentare le sue controproposte, approvare il piano dopo averlo capito. (…) la massa non ha partecipato a questa concezione del piano, e il piano cui non partecipa la massa è un piano che corre serio pericolo di fallimento» (Ernesto Che Guevara, Il primo piano economico, in Opere, II. Le scelte di una vera rivoluzione, Feltrinelli, Milano 1968, pp. 97 e 118).
Dal settimanale «L’Humanité Magazine»
di Aurélien Soucheyre
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Trovato assassinato il 2 novembre 1975 su una spiaggia vicino a Roma, Pier Paolo Pasolini, acclamato come artista, è stato soprattutto uno dei più grandi intellettuali del XX secolo. Poeta, regista, omosessuale e comunista, questo scandaloso ribelle, la cattiva coscienza dell'Italia, non ha mai vacillato nella sua opposizione all'ordine borghese.
Dal settimanale «Gente» (17 novembre 1975)
di Pier Paolo Pasolini
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«Poco tempo fa Pier Paolo Pasolini consegnò al giornalista inglese Peter Dragadze le risposte a una lunga serie di domande, e gli disse: “Questo è quasi un testamento spirituale-intellettuale. Se dovesse succedere qualcosa, lo tiri fuori. Credo che a qualcuno potrebbe interessare”. – Pubblichiamo il testo del documento; dalle riflessioni dello scrittore affiora un ‘autoritratto’ sincero e spietato» (dal settimanale «Gente», 17 novembre 1975).
È da qualche anno che il pensiero di Pasolini viene distorto e utilizzato anche a destra facendo passare l’intellettuale per un “uomo d’ordine”. Proprio quella destra che a suo tempo lo avversò e dileggiò in ogni modo ora lo recupera strumentalizzandone alcune frasi citate fuori contesto, a partire dalla famosa poesia Il PCI ai giovani. Wu Ming rimette ordine nelle cose e smonta molti dei miti che costruiti in questi anni. Ribadendo il concetto fondamentale: Pasolini è sempre stato un antifascista, è sempre stato contro il fascismo in tutte le sue forme.
Da «L’Espresso» del 16 giugno 1968
di Pier Paolo Pasolini
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Dopo gli scontri romani del 1° marzo 1968 tra studenti universitari e poliziotti, passati alla storia come “la battaglia di Valle Giulia”, Pasolini compose di getto una poesia che è sicuramente una delle più controverse della sua storia di intellettuale di sinistra. La proponiamo qui nella versione pubblicata dal settimanale «L’Espresso» il 16 giugno 1968. Segue dibattito…
Da «L’Espresso» del 16 giugno 1968
Marxismo e letteratura
di Alexej Kusák
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Il critico cecoslovacco Alexej Kusák nel suo intervento al convegno praghese su Franz Kafka del 1963 fa una rassegna delle interpretazioni che dell’opera dell’autore hanno dato vari critici marxisti, e contesta le analisi di molti di essi. Egli vede in definitiva in Kafka un grande interprete della realtà del suo tempo:
«Kafka è il maggior poeta dell’alienazione dell’uomo nella moderna società industriale e in questo sta il segreto della sua attualità e della sua universalità. Bisogna però spiegarlo, interpretarlo, capirlo. Fornire una chiave interpretativa in termini filosofici generali non è affatto sufficiente (su un vago giudizio filosofico si possono trovare d’accordo anche coloro che continuano a volgarizzarlo); bisogna penetrare a fondo in ognuno dei temi della sua opera, nei caratteri dei suoi personaggi e nel significato delle sue situazioni. Come marxisti non dobbiamo limitarci a studiare l’influenza che la realtà ha esercitato su di lui ma anche esaminare l’aiuto che egli ci può dare per risolvere l’enigma della realtà».
Proliferano sul web, in libreria e sulla stampa ricostruzioni fantasiose e distorte di eventi storici operate per rafforzare in Italia il nazionalismo e l’anticomunismo. Nel mirino, come sempre negli ultimi trent’anni, partigiani e comunisti, e come spesso accade si parla di eventi successi al “confine orientale”, tra Friuli-Venezia Giulia, Istria e Slovenia. Le due inchieste che presentiamo smontano i miti e ricollocano nel loro contesto storico due di questi eventi.
Un convoglio di esuli istriani dileggiato dai ferrovieri «rossi». Un episodio ambientato nel 1947, ma che non ha riscontro in nessuna fonte dell’epoca e ha preso la sua attuale forma soltanto nel XXI secolo.
Mezzo secolo fa le truppe del Fronte di liberazione nazionale entravano a Saigon. Fu la fine della guerra imperialista statunitense e il punto di partenza per l’unificazione del Vietnam.
Il quotidiano francese «l’Humanité», fondato da Jean Jaurès, ha dedicato all’importante anniversario uno speciale, da cui riprendiamo alcuni articoli.
IERI
30 aprile 1975, «la vittoria dell’intelligenza vietnamita contro la tecnologia e il denaro»
di Lina Sankari
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La liberazione di Saigon segna la fine del dominio straniero sul Vietnam durato 120 anni. Essa chiude un capitolo di trent’anni di guerre tra le più sanguinose del XX secolo prima contro la Francia colonialista e poi contro l’imperialismo degli Stati Uniti.
Il 30 aprile 2025 il Paese, avviato ormai sulla via di uno sviluppo spettacolare, ha celebrato i 50 anni di una liberazione strappata a carissimo prezzo. Il popolo vietnamita ricorda e guarda al futuro.
Dossier La “Primavera di Praga” 🇨🇿
Per il nostro dossier sulla “Primavera di Praga” del 1968 oggi pubblichiamo due DOCUMENTI di segno diametralmente opposto:
1) la versione integrale del manifesto-appello Duemila parole stilato dallo scrittore Ludvík Vaculík nel giugno 1968 per spingere in avanti il processo di riforma che sembrava sul punto di arenarsi;
2) una risoluzione del CC del Partito che nel 1970 ricostruiva i fatti recenti dal punto di vista dei vincitori del momento, cioè di coloro che avevano avversato la riforma della società socialista portata avanti da Alexander Dubček e dalla maggioranza del PCC.
Il manifesto-appello Duemila parole fu pubblicato il 27 giugno 1968 sui quotidiani «Práce», «Mladá fronta» e «Zemědělské noviny» e sul settimanale letterario «Literární listy» il giorno successivo all’entrata in vigore della legge sull’abolizione della censura.
Il manifesto riscosse un’eco mai vista prima e colse di sorpresa tutti. Sorpresi furono soprattutto proprio i comunisti riformisti, che non vi videro uno strumento in appoggio alle proprie posizioni ma una critica per la lentezza delle riforme e al tempo stesso un’arma potente data in mano a quei conservatori che non perdevano occasione per accusare la debolezza di Dubček e compagni verso posizioni che essi consideravano distruttive dell’ordinamento socialista e controrivoluzionarie.
Una provocazione benintenzionata di Jan Sedmidubský >>> Vai all’articolo >>>
DOCUMENTI – «L’insegnamento tratto dalla crisi nel partito e nella società dopo il XIII Congresso del PCC»
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Negli anni 1966-67 il Partito Comunista Cecoslovacco era già spaccato in più correnti, tutte però convergenti nella critica al modus operandi del Primo segretario Antonín Novotný (che era al tempo stesso anche Presidente della Repubblica). Un’unanimità di facciata si determinò al momento dell’elezione di Alexander Dubček alla segreteria del Partito, ma il confronto non si placò, anzi, si acuì fino allo scontro culminato nell’intervento armato dei Paesi del Patto di Varsavia.
A due anni dal tragico agosto 1968 il processo di “normalizzazione” era ormai avviato sia nel Partito Comunista che nella società cecoslovacca, e i vincitori di quella guerra politica fratricida sentirono l’esigenza di scrivere la storia dal proprio punto di vista, di fissare una verità ufficiale sulle vicende degli ultimi anni. Insomma, la storia riscritta dai (temporanei) vincitori.
Scopo di un dossier come il nostro è di fornire documenti e materiali utili alla conoscenza degli eventi e alla comprensione dei punti di vista delle varie parti in causa. È per questo che riteniamo non privo di interesse pubblicare questa risoluzione approvata l’11 dicembre 1970 dal plenum del CC del PCC e intitolata «L’insegnamento tratto dalla crisi nel partito e nella società dopo il XIII Congresso del PCC».
Dal sito «Volere la luna»
Diego Giachetti recensisce il volume
(Mimesis, 2024, pp. 180, 16 euro)
«Vorrei sottolineare il fatto nuovo emerso nell’ultimo mese. “La Flotilla di terra” è stata guidata da gruppi di operai, che hanno boicottato le operazioni di carico e scarico delle navi dei porti europei, ma soprattutto italiani (Marsiglia, Genova, Livorno, Ravenna, Atene). In alcuni casi come a Ravenna hanno ottenuto il supporto delle autorità civili. Con un sicuro istinto internazionalista, in cui brilla la più gloriosa tradizione del movimento operaio fin dalle origini, hanno dichiarato: “Se Israele blocca la Flotilla, non uscirà dal porto neppure un chiodo”. “Blocchiamo tutto” è diventata l’indicazione di tutte le manifestazioni popolari. Non voglio illudermi sulle prospettive, ma in quel momento il punto di vista dei portuali, degli operai, ha preso la testa dell’intero movimento per la pace».
In questo articolo scritto nel 2022 Augusto Cavadi si sofferma sulla figura di san Francesco prendendo le mosse dall’analisi del volume di Francesco Coniglione L’uomo venuto da un altro mondo. Francesco d’Assisi (Bonanno Editore, Acireale-Roma, 2022, pp. 412, 35 euro). Ne risulta un Francesco liberato dalle deformazioni agiografiche e dalle forzature che del suo messaggio le gerarchie ecclesiastiche hanno dovuto compiere per non mettere a rischio l’impalcatura di potere e potenza della Chiesa.
«Scoraggiato per la piega ‘moderata’ che stava assumendo il suo movimento, preferì cederne ad altri la direzione e trascorse, tra ingratitudini e diffidenze, gli ultimi anni di vita. Un discepolo – Tommaso da Celano – che lo conobbe personalmente, e ne scrisse due biografie, notò che già tra i frati sopravvissuti alla morte del fondatore non pochi preferiscono “riposare prima ancora di lavorare […], lavorando più con le mascelle che con le mani” e “senza faticare, si nutrono col sudore dei poveri”. È una storia nota, non solo nelle tradizioni religiose ma anche nelle esperienze politiche dell’umanità: onestà, giustizia, uguaglianza, sobrietà… sono valori affascinanti da predicare al mondo, non necessariamente da praticare in prima persona (specie se, proprio grazie alla proclamazione di quei valori, si è arrivati ai vertici del potere istituzionale)».
Giotto di Bondone, La predica agli uccelli, 1290-1295 circa, affresco. Basilica Basilica superiore di San Francesco d'Assisi.
Migliaia di sfollati palestinesi in marcia verso il nord di Gaza.
Autore della foto: ANSA.
Fonte della foto: https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2025-01/gaza-300-000-sfollati-tornati-nel-nord-di-gaza.html
«Abboud Hamayel, intellettuale e teorico palestinese noto anche come Omar Abdaljawad, parla da dentro la resistenza palestinese. La sua voce non si presta a pacificazioni morali né a estetizzazioni del lutto. Con la sua elaborazione teorica, la Palestina torna a essere ciò che da decenni si tenta di neutralizzare: un nodo centrale dell’immaginazione politica globale.
L’intervista che segue nasce da una consapevolezza amara ma necessaria: troppe delle narrazioni contemporanee oscillano tra la pietà e la paura, tra l’empatia selettiva e l’autocensura. Ma la Palestina non è un’eccezione tragica da gestire con sobrietà istituzionale: è un terreno di conflitto, sì, ma anche di pensiero radicale. È il luogo in cui la parola “liberazione” conserva ancora un significato non metaforico.
Hamayel smaschera l’inconscio coloniale che struttura il linguaggio internazionale e rivendica la necessità di una resistenza epistemologica che rompa con le grammatiche dominanti. Non parla della Palestina, ma dalla Palestina. E così facendo, ci ricorda che resistere non significa solo combattere, ma anche pensare. Pensare altrimenti. Pensare contro. Pensare oltre».
Mauro Rostagno (1942-1988).
Fonte della foto: https://www.articolo21.org/2025/09/rostagno-e-quel-pensiero-vero-di-liberta/
Dal sito di «Articolo 21»
di Rino Giacalone
Mauro Rostagno, sociologo, giornalista ed ex militante di Lotta Continua, fu ucciso da Cosa Nostra il 26 settembre 1988.
Dal quotidiano «il manifesto»
di Michele Giorgio
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In questo articolo del 2021 Michele Giorgio informava della liquidazione, ad opera dell’Autorità Nazionale Palestinese, della Palestinian Airlines e dei suoi aerei vecchi di trent’anni, simbolo delle speranze decollate con gli Accordi di Oslo e infrantesi contro la realtà dell’occupazione.
L’incontro tra Fidel Castro e Malcolm X all’Hotel Theresa di Harlem nel settembre 1960.
Fonte della foto: https://www.struggle-la-lucha.org/2025/09/19/a-meeting-in-harlem-malcolm-x-fidel-castro-and-the-struggle-for-palestine/
Quando Malcolm X e Fidel Castro si incontrarono all’Hotel Theresa di Harlem nel settembre 1960, Harlem stessa fremette di fervore rivoluzionario. L’incontro avrebbe lasciato un segno indelebile non solo a New York City ma in tutto il mondo, diventando un momento di svolta che contribuì a plasmare la coscienza di generazioni di combattenti per la libertà e accelerò il ritmo della lotta per la liberazione negli Stati Uniti e nel mondo.
(Fazi Editore, 2025)
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È IN LIBRERIA La fine di Israele. Il collasso del sionismo e la pace possibile in Palestina di Ilan Pappé
«Stiamo assistendo all’inizio della fine dello Stato di Israele». Dopo il 7 Ottobre e il genocidio a Gaza, il progetto sionista in Palestina – il tentativo secolare dell’Occidente di imporre uno Stato ebraico in un paese arabo – è destinato a una «disintegrazione inevitabile». È la tesi del celebre storico israeliano Ilan Pappé che, dopo opere considerate pietre miliari nella storiografia del conflitto israelo-palestinese, in questo nuovo volume sposta lo sguardo sul futuro di Israele e della Palestina. Diviso in tre parti, nella prima – Il collasso – Pappé esamina il fallimento del cosiddetto “processo di pace” ed evidenzia le fratture profonde che minacciano la stabilità di Israele: l’ascesa del sionismo religioso, le crescenti divisioni all’interno della società israeliana, l’allontanamento dei giovani ebrei dal sionismo, il sostegno dell’opinione pubblica mondiale alla causa palestinese, la crisi economica e la messa in discussione dell’invincibilità militare di Tel Aviv. Nella seconda parte – La strada per il futuro – l’autore delinea sette mini-rivoluzioni cognitive e politiche necessarie per costruire un avvenire migliore per tutti gli abitanti della Palestina storica: da una nuova strategia per il movimento nazionale palestinese alla giustizia transitoria e riparativa sul modello sudafricano, dal diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi alla ridefinizione dell’identità collettiva ebraica. Nella terza parte – La Palestina del dopo-Israele, anno 2048 – Pappé offre una preziosa visione di speranza e riconciliazione. Immagina un domani in cui le mini-rivoluzioni hanno avuto successo e descrive come potrebbe essere la vita in uno Stato palestinese democratico e decolonizzato, con il ritorno dei rifugiati, la coesistenza di ebrei e palestinesi come cittadini con pari diritti e la guarigione delle ferite del passato. Summa dell’analisi storico-politica di Pappé, La fine di Israele è un contributo fondamentale per comprendere l’insostenibilità del progetto sionista e la via possibile per la pace in Palestina.
«La fine di Israele è un capolavoro, una lettura imprescindibile per chiunque voglia comprendere la disintegrazione del progetto sionista e le sue conseguenze. Pappé, uno dei massimi studiosi del conflitto israelo-palestinese, è autore di libri innovativi e fondamentali. Anche questo non fa eccezione».
CHRIS HEDGES
«Quando pensi che sia già stato detto tutto, Ilan Pappé ti offre questo libro illuminante, originale e, soprattutto, pieno di speranza».
EYAL WEIZMAN
ILAN PAPPÉ è professore di Storia all’Istituto di studi arabi e islamici e direttore del Centro europeo per gli studi sulla Palestina presso l’Università di Exeter. È autore di oltre una dozzina di libri tra cui il best-seller La pulizia etnica della Palestina (Fazi Editore, 2008), tradotto in quindici lingue. Fazi Editore ha inoltre pubblicato Palestina e Israele: che fare?, scritto insieme a Noam Chomsky (2015), La prigione più grande del mondo. Storia dei Territori Occupati (2022), Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina (2024) e La fine di Israele (2025).
Calogero Tramuta (1951-1996).
Fonte della foto: https://www.articolo21.org/2017/03/calogero-tramuta-e-il-sogno-delle-arance-di-sicilia-libere-dalloppressione-mafiosa/
«[…] A qualcuno il lavoro onesto di Calogero non andava proprio bene. E i diretti concorrenti dell’ex finanziere non erano tipi qualunque, erano i boss del triangolo della morte, tra Villafranca, Lucca e Burgio. Ed erano proprio loro che avevano il monopolio del commercio delle arance sul territorio. E lu maresciallo, così veniva chiamato Calogero, non solo aveva conquistato una fetta importante del mercato locale ma era anche riuscito a pagare onestamente i contadini, senza imporgli i prezzi condizionati delle mafie. Insomma, era una figura scomoda che offriva una valida alternativa all’egemonia mafiosa del territorio […]».
I 10 più recenti testi originali scritti per spaziocollettivo.org:
Letizia Lusini, La parola “GUERRA” 🔴 >>> Vai al racconto >>>
Marco Bartalucci, Germania, qualcosa si muove? 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Antonella Sarti, C’è un club a Wellington… il Club Garibaldi. Il motto è: “Fratellanza, Educazione, Lavoro” 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Stefano Gallerini, Marx nell’Antropocene: anacronismo o attualità? 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Paolo Mencarelli, Per Valerio Strinati 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Paolo Mencarelli, Il comandante “Gracco”, avvocato militante 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Azzurra Falciani, Un festival in fabbrica: la convergenza passa anche dalle pagine dei libri 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Paolo Mencarelli, Recensione del volume: Benedetta Tobagi, Le stragi sono tutte un mistero 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Barbara Cipriani, Diario di una squaw, distopico, ma ci siamo quasi 🔴 >>> Vai al racconto >>>
Stefano Gallerini, Sinistra di classe o sinistra di élite? 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Siamo dentro a una nuova accumulazione primitiva, a un nuovo ciclo strategico innescato da Trump. È questo il fulcro, il significato politico del nuovo governo USA, le cui decisioni politiche, arbitrarie e unilaterali, mirano a espropriare la ricchezza di alleati e nemici. Trump sta imponendo i rapporti di potere con la forza; una volta stabilita la divisione tra chi comanda e chi obbedisce, si possono ricostruire le norme economiche e giuridiche, gli automatismi dell’economia, le istituzioni nazionali e internazionali, espressione di un nuovo «ordine». In un certo senso, Trump politicizza ciò che il neoliberalismo aveva cercato di depoliticizzare: non è più l’«oggettività» del sistema di mercato, delle leggi finanziarie a comandare, ma l’azione di un «signore» che decide in modo arbitrario le quantità di ricchezza che ha diritto di prelevare dalla produzione dei suoi «servi».
Così, oggi, il capitalismo non ha più bisogno, come un tempo, di affidare il potere ai fascismi storici, perché la democrazia è utilizzata a propri fini, fino a produrre e riprodurre guerra, guerra civile, genocidio. I nuovi fascismi sono marginali rispetto ai fascismi storici e, quando accedono al potere, si schierano immediatamente dalla parte del capitale e dello Stato, limitandosi a intensificare la legislazione autoritaria e repressiva e agendo sull’aspetto simbolico-culturale.
Un articolo importante, da discutere approfonditamente.
Le proteste a Rabat, Marocco.
Autore della foto: AP.
Fonte della foto: https://ilmanifesto.it/cdn-cgi/image/format=auto,width=1200/https://static.ilmanifesto.it/2025/10/04desk5-f01-morocco-ap.jpg
Dal quotidiano «il manifesto»
di Patrick Zaki
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“GenZ 212”. Dopo le Primavere arabe e il Rif, un movimento dallo spirito collettivo che occupa gli spazi digitali fuori controllo e le strade.
Un momento della manifestazione di Firenze del 3 ottobre 2025.
Autore della foto: Leandro Casini.
Per Gaza, per la Palestina libera, per la Flotilla!🇵🇸
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Sciopero generale di Cobas e CGIL con manifestazioni che hanno visto la partecipazione di più di 2 milioni di persone a sostegno del popolo palestinese, della popolazione martire di Gaza oggetto di genocidio da parte di Israele. La chiamata in piazza dopo gli atti di pirateria e di terrorismo di Stato in acque internazionali da parte della marina israeliana.
Il disegno sionista di pulizia etnica a Gaza e in Cisgiordania non è contrastato dai governi dell’Occidente, e alcuni addirittura ne sono complici, per esempio il governo italiano e quello statunitense. Allora sono i popoli a dover alzare la voce per ridare dignità internazionale ai propri Paesi.
Dal periodico «Sinistra Sindacale»
Intervista a cura di Giuseppina Manera
Intervista al deputato comunista israeliano, in Italia su invito del Prc.