Materiali per una rivoluzione culturale
Il giovane Marx.
Fonte della foto:
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/3/33/Karl_Marx_giovane.jpg
di Jamila M.H. Mascat
Un’analisi storico-giuridica di una delle prime battaglie politico-sociali di Karl Marx, risalente all'epoca in cui era redattore della "Rheinische Zeitung": la questione della legge sui furti di legna, che sanciva il predominio dei proprietari e il loro privilegio sullo sfruttamento dei boschi non tenendo conto del diritto consuetudinario che permetteva ai contadini di raccogliere i rami caduti naturalmente. La legge dava inoltre agli stessi proprietari dei boschi il diritto di determinare il valore del danno subito e di imporre il risarcimento in giornate di lavoro non retribuito. Non era la legge a valutare l'entità del danno, ma il proprietario.
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Arsenij Avraamov.
Fonte della foto: https://weekend.rambler.ru/other/41288215-kompozitor-avraamov-kak-on-predlagal-stalinu-samyy-strannyy-gimn-dlya-sssr/
Un ritratto del musicista e compositore sovietico Arsenij Avraamov, il quale ha fatto della rivoluzione il tema centrale della sua produzione artistica, mescolando musica, cinema, poesia, occupandosi di etnologia musicale e inventando nuovi strumenti.
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Mi piace
di Marina Cvetaeva
Mi piace che non di me siete malato,
Mi piace che non di voi sono malata,
Che mai la pesante sfera terrestre
Verrà a mancare sotto i nostri piedi.
Mi piace poter essere buffa,
Sconveniente, e non giocare con le parole,
E non arrossire di un’ondata soffocante
Sfiorandoci appena con le maniche.
Mi piace pure che davanti a me
Tranquillo abbracciate un’altra,
E che non mi augurate di bruciare
All’inferno se non voi, ma un altro io bacio.
Che il mio dolce nome, mio tenero, non
Pronunciate di giorno né di notte invano…
Che mai nel silenzio della chiesa
Canteranno per noi: Alleluja!
Vi ringrazio col cuore e con la mano
Perché voi, pur senza saperlo,
Mi amate così tanto: per la mia quiete notturna,
Per la rarità degli incontri all’ora del tramonto,
Per le nostre mancate passeggiate al chiaro di luna,
Per il sole che non splende su di noi,
Perché siete malato – ahimè – non di me,
Perché sono malata – ahimè – non di voi.
(1915)
Marina Cvetaeva (1892-1941) è una delle maggiori poetesse russe di tutti i tempi.
Mi è capitato per caso di tradurre questa poesia per lo spezzone di un film sovietico da mettere su Youtube (https://youtu.be/-yrkPXmEhpo), e il contenuto mi ha incuriosio subito. Marina Cvetaeva in questi versi si rivolge a un uomo che la ama ma che è già impegnato: lei è evidentemente attratta da lui, ma sa che si tratta di un amore impossibile e pone di conseguenza dei limiti invalicabili al loro rapporto.
Chi era quest’uomo? Si trattava del fidanzato, e poi marito, della sorella minore di Marina, Anastasija. La stessa Anastasija nel 1980 ha rivelato al pubblico questa storia.
Nel 1915 entrambe le sorelle avevano un matrimonio infelice alle spalle, e dall’anno precedente Marina aveva intrecciato una relazione sentimentale con la poetessa e traduttrice Sofija Parnok.
Nell’autunno 1915 Anastasija conobbe l’ingegnere chimico Mavrikij Minc, il quale, dopo un intero giorno passato insieme a lei, le chiese di sposarlo. Nel momento in cui Mavrikij fu presentato alla sorella Marina, i due non riuscirono a nascondere le reciproche simpatie, tanto che si diffusero anche i dubbi tra conoscenti e amici su chi fosse innamorato di chi nella famiglia delle sorelle Cvetaevy. Il matrimonio tra Anastasija e Mavrikij mise in chiaro la situazione, e Marina con la sua poesia volle in modo elegante e dolce ammettere il sentimento di tenerezza per il cognato ma sancire al tempo stesso l’impossibilità di una loro relazione sentimentale.
Il matrimonio tra Anastasija e Mavrikij si rivelò estremamente sfortunato: nel maggio 1917 Mavrikij morì di peritonite, e nel luglio dello stesso anno scomparve anche il figlio Alëša, nato dalla loro unione.
Sulle ulteriori tragedie pubbliche e private delle sorelle Cvetaevy si può leggere ovunque in Internet, non mi soffermo.
Ritorno invece alla storia della poesia Mi piace, che, indipendentemente dalle sorti della sua autrice, come ogni opera d’arte prende vita e va per la sua strada.
La poesia, rimasta nell’intimità dei diari della poetessa per anni e anni, fu pubblicata in una raccolta di versi di Marina Cvetaeva solo nel 1965, cioè 24 anni dopo la sua morte. La raccolta suscitò grande interesse in patria e all’estero, e divenne presto una rarità bibliografica. I pochi esemplari del libro passavano di mano in mano, le poesie che vi erano contenute venivano trascritte e imparate a memoria da migliaia di persone che ammiravano l’opera della grande poetessa.
Nel 1975 El’dar Rjazanov decise di inserire una parte della poesia in forma di canzone all’interno del suo film L’ironia del destino, ovvero Buona sauna!, trasmesso per la prima volta in tv il 1° gennaio 1976 (fu visto da 100 milioni di spettatori; tale fu il suo successo, che il 7 febbraio la televisione sovietica fu costretta a ritrasmetterlo a causa delle insistenti richieste del pubblico).
I versi della Cvetaeva erano perfettamente appropriati per i due protagonisti del film, che percepivano un’attrazione reciproca nonostante il fatto che entrambi avessero già delle relazioni sentimentali più o meno definite.
Il regista chiese al compositore Mikael Tariverdiev di comporre la colonna sonora del film e di musicare anche i versi della Cvetaeva. L’incisione della canzone venne poi affidata alla cantante Alla Pugačëva, che prestò la sua voce all’attrice polacca Barbara Brylska che nel film sembra cantarla.
Nella canzone vengono utilizzate solo la prima e l’ultima strofa della poesia di Marina Cvetaeva. Non è chiaro il motivo? Nella strofa centrale si parla delle fiamme dell’inferno, si parla di “alleluja” cantati in chiesa: immagini e parole che nella società sovietica erano “fuori moda”, superate e anche, per così dire, sconsigliate. Perché dar modo alla censura di intervenire se si può prevenire?
L.C.
Inserito il 6/5/2023.
Marina Cvetaeva nel 1917.
Fonte della foto: https://ru.wikipedia.org/wiki
di Roberto Fineschi
«Riprendendo punti essenziali della migliore tradizione marxista, Mazzone ne ha operato una articolata e originale sintesi. I contributi raccolti in questo libro riflettono alcuni dei nodi tematici più importanti di questo sforzo. Esso si articola in tre parti: la prima è dedicata al concetto di classe, alla sua storia, alla sua articolazione nella configurazione contemporanea del modo di produzione capitalistico; la seconda è dedicata alla teoria della storia, con particolare attenzione al concetto di formazione economico-sociale, alle forme del dispotismo del capitalismo attuale e alle possibile strutture di transizione a una ipotetica società futura; la terza parte, infine, affronta questioni più concrete nel quadro delineato nelle parti precedenti, come gli effetti sulla comunicazione, sull’università, sui concetti di democrazia e imperialismo».
(Dall’Introduzione di Roberto Fineschi al volume: Alessandro Mazzone, Per una teoria del conflitto, Napoli, La Città del Sole, 2022).
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Lo scambio polemico di lettere nel 1991 tra Pietro Ingrao e il filosofo Cesare Luporini, che riprendiamo da «Critica marxista», riflette lo scontro fra due modi di intendere il rilancio di un’idea comunista, dopo la svolta della Bolognina e la fine del Partito Comunista Italiano.
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Il XX Congresso del PCI, svoltosi a Rimini dal 31 gennaio al 3 febbraio 1991.
Fonte della foto: https://www.chiamamicitta.it/wp-content/uploads/2017/01/XXcongresso-pci.jpg
Leonardo Sciascia.
Fonte della foto: ilriformista.it
Un ritratto dello “scrittore scomodo” nell’intervista ad Angelo Lauricella, presidente del comitato provinciale Anpi di Agrigento, profondo conoscitore dello scrittore siciliano e anche lui di Racalmuto, il paese del “maestro di Regalpetra”.
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di Libera Capozucca
Come nasce quest’inno partigiano senza tempo, scritto sulle alture del Ponente ligure nei giorni di Natale, mentre il freddo rendeva ancora più dura ed eroica la Resistenza ai nazifascisti. E come, poi, la “lotta” si spostò sul riconoscimento dei diritti.
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In un’intervista rilasciata a Paolo Spriano per la campagna elettorale della primavera 1963 l’intellettuale parla a ruota libera di politica, dei danni della cultura borghese, dei rischi per l’umanità, delle sue opinioni sui dibattiti letterari nell’Unione Sovietica…
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di Dmitrij Bykov
Il poeta, critico e storico della letteratura Dmitrij Bykov tratteggia le caratteristiche dei romanzi più famosi di Jurij Trifonov, secondo noi il maggior esponente della letteratura sovietica degli anni Settanta, i cui libri ebbero una discreta diffusione anche in Italia.
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Jurij Trifonov.
Fonte della foto: https://lgz.ru/upload/iblock/0ae/0aedf2b3bfae0b7508b92859ab8f31e9.jpg
di Valentino Gerratana
Stato e rivoluzione, che nell’edizione originaria riportava come sottotitolo La dottrina marxista dello Stato e i compiti del proletariato nella rivoluzione, fu scritto da Lenin dall’agosto al settembre 1917 e pubblicato nel maggio del 1918.
Già da un anno Lenin intendeva scrivere uno studio sulla questione dello Stato, e aveva raccolto in un quaderno la documentazione necessaria, composta di citazioni tratte da scritti di Marx, Engels, Kautsky, Bernstein, Pannekoek e altri. Iniziò la stesura di Stato e rivoluzione nel villaggio di Razliv, presso la frontiera finlandese, proseguendola poi in Finlandia, dove si era nascosto per sfuggire al mandato di cattura spiccato contro di lui dal governo provvisorio di Kerenskij. Il saggio doveva essere pubblicato sotto lo pseudonimo di F.F. Ivanovskij, per evitarne il sequestro, ma il successo della rivoluzione d’ottobre rese inutile tale precauzione.
Lenin in questo saggio intendeva stabilire l’autentica concezione marxista dello Stato, inteso quale strumento dell'oppressione di classe, contro le deformazioni della dottrina operate dagli «opportunisti», i socialisti che intendevano conciliare gli opposti interessi di classe, il cui più autorevole rappresentante era il tedesco Karl Kautsky.
Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il quarto stato, 1901, olio su tela, Milano, Galleria d’Arte Moderna.
(Fonte della foto: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/2/29/Quarto_Stato.jpg)
di Vito Pandolfi
Questo breve saggio che presentiamo rappresenta sicuramente uno dei primi profili sul drammaturgo e poeta tedesco apparsi in Italia. Di qualche sua opera teatrale si era già parlato a fine anni Venti, ma è nel Dopoguerra, con Vittorini, Fortini e «Il Politecnico», che ha inizio la fortuna di Bertolt Brecht in Italia.
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Bertolt Brecht.
(Fonte della foto: https://weberdmx.blogspot.com/2012/03/lista-de-preferencias.html)
Pier Paolo Pasolini.
(Fonte della foto: https://www.huffingtonpost.it/cultura/2022/12/16/news/antimafia_ipotesi_omicidio_pasolini_legato_a_furto_film_salo_120_giornate-10912402/)
Piero Calamandrei.
(Fonte della foto: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/0/01/Piero_Calamandrei.jpg)
Autore della foto: DA PRECISARE.
di Franco Milanesi
Un ritratto di Rudi Dutschke, leader e intellettuale di riferimento della SDS (Sozialistische Deutscher Studentenbund), la Lega degli studenti socialisti, e importante figura dell’antagonismo anticapitalistico tedesco.
Rudi Dutschke.
(Fonte della foto: https://www.radiopopolare.it/rudi-dutschke-50-anni-fa-lattentato-a-berlino/)
Il filosofo marxista ripercorre le tappe della propria formazione intellettuale in questa lezione d’addio all’insegnamento alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze.
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Cesare Luporini.
(Fonte della foto: https://immaginidelnovecento.fondazionegramsci.org/photo/detail/IT-GRAMSCI-FT0001-0036487/cesare-luporini-interviene-al-xv-congresso-nazionale-del-pci)
Il monumento L’operaio e la kolchoziana è uno dei simboli più conosciuti dell’Unione Sovietica, situato a Mosca nell’area esterna del “Centro Panrusso delle Esposizioni” (già “Esposizione delle realizzazioni dell'economia popolare dell’URSS”). Si tratta dell’opera più significativa della produzione artistica di una scultrice, Vera Ignat’evna Muchina (1889-1953), che ebbe grande fama in patria e all’estero.
La storia di questo monumento-simbolo è particolare.
L’operaio e la kolchoziana sul nuovo basamento che riproduce le proporzioni originali del padiglione sovietico del 1937.
(Fonte della foto: https://musaget.ru/rabochiy-i-kolhoznitsa-kak-sozdavalsya-glavnyy-simvol-sovetskogo-vremeni/)
Uno scrittore che non si occupò solo della propria terra e della mafia, ma che prese parte anche alle grandi questioni della politica nazionale del suo tempo
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Pubblichiamo la lettera che la preside del Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci” di Firenze, Annalisa Savino, ha scritto ai propri studenti dopo l’aggressione perpetrata da una gruppo di giovani neofascisti contro due studenti del Liceo “Michelangiolo”.
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Cari studenti,
in merito a quanto accaduto lo scorso sabato davanti al Liceo Michelangiolo di Firenze, al dibattito, alle reazioni e alle omesse reazioni, ritengo che ognuno di voi abbia già una sua opinione, riflettuta e immaginata da sé, considerato che l’episodio coinvolge vostri coetanei e si è svolto davanti a una scuola superiore, come lo è la vostra. Non vi tedio dunque, ma mi preme ricordarvi solo due cose.
Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti. ‘Odio gli indifferenti’ - diceva un grande italiano, Antonio Gramsci, che i fascisti chiusero in un carcere fino alla morte, impauriti come conigli dalla forza delle sue idee.
Inoltre, siate consapevoli che è in momenti come questi che, nella storia, i totalitarismi hanno preso piede e fondato le loro fortune, rovinando quelle di intere generazioni. Nei periodi di incertezza, di sfiducia collettiva nelle istituzioni, di sguardo ripiegato dentro al proprio recinto, abbiamo tutti bisogno di avere fiducia nel futuro e di aprirci al mondo, condannando sempre la violenza e la prepotenza. Chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e con la cultura. Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé. Lo pensavano anche tanti italiani per bene cento anni fa ma non è andata così.
La Dirigente Scolastica
Annalisa Savino
Inserito il 6/3/2023.
«Noi non dobbiamo aver vergogna di scrivere, e non abbiamo voglia di parlare per non dir nulla. Anche se lo volessimo, del resto, non potremmo arrivarci; nessuno può arrivarci. Ogni scrittura possiede un senso, anche se questo senso è molto lontano da quello che l’autore aveva pensato di mettervi. […]
Lo scrittore non ha nessun mezzo di evadere dalla sua epoca, noi vogliamo perciò che egli l’abbracci strettamente; perché essa è la sua unica possibilità: essa è fatta per lui, ed egli è fatto per essa. Ci spiace l’indifferenza di Balzac di fronte alle giornate del ’48, l’incomprensione spaventata di Flaubert di fronte alla Comune; ci spiace per loro: lì c’era qualcosa che essi non hanno colto, che essi hanno mancato per sempre. Noi non vogliamo mancare nulla nel nostro tempo; forse ve ne sono di più belli, di tempi: ma questo è il nostro; non abbiamo da vivere che questa vita in mezzo a questa guerra, in mezzo, forse, a questa rivoluzione. […] Anche se noi fossimo muti, la nostra stessa passività sarebbe un’azione. […] Lo scrittore è “in situazione” nella sua epoca: ogni parola ha delle ripercussioni; ogni silenzio anche. Io considero Flaubert e Goncourt responsabili della repressione seguita alla Comune perché non scrissero una riga per impedirla. Non era affar loro, si dirà. Ma il processo di Calas era forse affare di Voltaire? La condanna di Dreyfus era forse affare di Zola? L’amministrazione del Congo era forse affare di Gide? Ognuno di questi scrittori, in una circostanza particolare della propria vita, ha messo alla prova la propria responsabilità di scrittore».
Jean-Paul Sartre
(Tratto da: Jean-Paul Sartre, Présentation della rivista «Les Temps Modernes», n. 1, 1° ottobre 1945).
Inserito il 5/3/2023.
Un libro di tre economisti di area marxista tenta di spiegare l’attuale fase della contraddizione intercapitalistica mondiale a partire dal conflitto in Ucraina. In questa recensione allo studio di Brancaccio, Giammetti e Lucarelli si offrono le chiavi per interpretare il testo.
Alla sezione Leggere, guardare, ascoltare… diamo altri articoli sull’ampio dibattito che intorno a questo libro si è sviluppato a sinistra.
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Italia, Francia, Unione Sovietica, Cecoslovacchia, Germania… Nel Novecento in tutti questi paesi i partiti comunisti hanno rappresentato dei punti di riferimento imprescindibili per centinaia di scrittori, cineasti, drammaturghi, artisti, musicisti. Il messaggio rivoluzionario del marxismo, la lotta di classe e le battaglie per l’emancipazione sociale portate avanti dai partiti comunisti – là al potere, qua all’opposizione – generavano una forza d’attrazione non indifferente sui circoli intellettuali dei rispettivi paesi. Ma, invece di far tesoro dei rapporti con questi “compagni di strada” che potevano contribuire fattivamente alla causa su più piani e su più fronti, i responsabili della politica comunista ebbero spesso nei loro confronti un atteggiamento paternalistico e pretesero a più riprese di dettare la linea in materia di estetica, di indirizzare l’arte e la letteratura su percorsi predeterminati, entrando in contrasto con le personalità più vivaci e con le menti più aperte del secolo. Occasioni perdute a causa di un’ottusità che, vista oggi, appare spesso incomprensibile; forse è un po’ diversa l’impressione che se ne trae se caliamo quelle polemiche e rotture nei contesti storici di allora, in cui determinate politiche potevano essere spiegate, pur parzialmente, dalla dura contrapposizione al fascismo prima della Seconda guerra mondiale, e dalla successiva rigida divisione in blocchi contrapposti durante la “guerra fredda”.
Su “Spazio collettivo” pubblicheremo una serie di materiali e contributi sui vari casi di legami e rotture tra intellettuali e partiti comunisti: per esempio, per l’Italia, Elio Vittorini, Franco Fortini, Leonardo Sciascia, Pier Paolo Pasolini, ecc. Il nostro sarà un approccio di studio, di presentazione di materiali utili all’indagine storica di quelle polemiche e di quelle rotture, e cercheremo di restare nel campo dell’obiettività senza dare giudizi avventati e liquidatori come oggi si tende a fare da parte di molta storiografia che giudica il passato con gli occhiali del presente, che giudica l’Oriente coi criteri dell’Occidente, ecc.
Un primo contributo lo traiamo da un ricordo che Rossana Rossanda scrive di Franco Fortini in occasione della ripubblicazione della sua raccolta di articoli degli anni 1947-1957 intitolata Dieci inverni.
L.C.
È datato 14 febbraio 1990 il n. 1 (e unico) di “nuNc”, Bollettino settimanale della Facoltà occupata di Lettere e Filosofia di Firenze. In fogli di formato 37x25, rappresentò un primo tentativo di organizzazione informativa del movimento di occupazione di Facoltà, poi sfociato in un foglio interfacoltà che uscì successivamente, dal titolo “Movanta”.
Da notare anche il contributo del vignettista de “l’Unità” Sergio Staino, che inviò una serie di strisce disegnate appositamente per noi.
Alla sezione Pantera 90 ripubblichiamo alcuni articoli estratti da questa pubblicazione.
Vai alla sezione Pantera 90
Il professor Luciano Canfora parla di come fu accolto e interpretato in Italia il Manifesto del partito comunista di K. Marx e F. Engels.
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Proponiamo, in quattro puntate, un saggio del 1965 fondamentale per lo studio del pensiero di Giacomo Leopardi.
Carlo Rosselli.
(Fonte della foto: https://rosselli.org/wp-content/uploads/2012/07/Carlo-Rosselli-come-a-Spazio.jpg)
Carlo Rosselli, assassinato dai fascisti nel 1937 in Francia insieme al fratello Nello, nel 1936 aveva attivamente partecipato alla Guerra civile di Spagna nelle Brigate Internazionali in appoggio alla Repubblica contro le forze fasciste del generale Francisco Franco. Di quello stesso anno è l’appello che dalla radio della Catalogna rivolse ai cittadini italiani perché sostenessero le forze antifasciste ovunque fossero impegnate nel mondo.
Riportiamo tale appello in queste pagine per onorare la memoria di questo grande esponente del movimento antifascista e internazionalista.
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Lo studioso Angelo Marco De Iorio ha indagato le corrispondenze letterarie tra Leonardo Sciascia e Albert Camus. Sebbene ci siano molte affinità tra le loro opere narrative, uno dei confronti più interessanti sembra essere quello che riguarda la loro passione per le arti visive. Quando scrivono di pittura e di fotografia, i due autori assumono posizioni apparentemente in contrasto con la loro formazione culturale razionalista, illuminista. A volte sembra di vedere l'immagine come rappresentativa di una realtà diversa da quella percepita dai sensi, quasi, appunto, come una finestra affacciata sul trascendente. Una specie di sconfinamento nel simbolismo.
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di Valerio Evangelisti
Uno studio sui radicali cambiamenti sociali avvenuti tra fine Ottocento e Novecento in Emilia Romagna, regione che fu anche culla di movimenti politici generati dalle lotte contadine e operaie.
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(1893-1930)
[…] Ogni nemico dell’immensa classe
operaia
è anche un mio vecchio
acerrimo nemico.
Di marciare
ci ordinarono
sotto la bandiera rossa
gli anni della fatica
e i giorni di fame.
Ogni volume
di Marx
l’aprivamo
come in casa
propria
si aprono le imposte,
ma anche senza leggerli
capivamo
dove andare,
in quale campo combattere.
Noi
la dialettica
non l’imparammo da Hegel.
Col fragore delle battaglie
irrompeva nel verso,
quando,
sotto i proiettili
dinanzi a noi fuggivano i borghesi,
come una volta
noi
davanti a loro. […]
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Annie Ernaux e Jean-Luc Mélenchon.
Fonte della foto: nouvelobs.com